La Linea D'Ombra: esoterismo, paranormale e misteri

Il mostro di Firenze, Parte 11

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AlexandraS~
Posted on 30/1/2011, 16:29     +1   https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




La storia potrebbe impressionare, le foto possono dar fastidio a chi piu sensibile visto che in alcuni casi sono abbastanza crude, quindi consiglio di non continuare la lettura a chi sa o sente di non poter riuscire a non agitarsi.


Siamo alle soglie degli anni 2000, eppure la storia del mostro di Firenze non è ancora finita. Questa era la storia dell'orrore, dell'orrore di chi pensa che da noi queste cose non possono succedere.... non qui, dicono i criminologi, non da noi. Questa è la storia del mostro che uccise 16 persone e che causò allo stesso tempo la morte di almeno altre 30 persone sospette.
E ora?

Pietro Pacciani, indicato da metà paese come "mostro", quello che aveva il famoso proiettile conficcato in una tavola di legno in giardino, che aveva violentato le figlie, picchiato la moglie, che a casa aveva il block notes dei turisti tedeschi, che era un noto guardone, che aveva già ucciso un uomo in circostante simili a quelle delle vittime del mostro, quell'uomo che insieme ai compagni di merende, Vanni e Lotti, era andato a prostitute, che faceva messe nere, e che per la procura e per la S.a.M. era il Mostro di Firenze.... è morto. Pacciani muore in un giorno di febbraio del 1998, per un attacco cardiaco: aveva il diabete, aveva già avuto due infarti, pressione alta, lo stress, l'età.... insomma, la sua morte era quasi giustificata.
Michele Giuttari però, il capo della squadra mobile di Firenze, non ne era convinto e con lui, anche il Pm Canessa: questi, coordinando i mezzi e gli uomini, erano riusciti a scoprire che non solo Pacciani era il mostro, ma che avrebbe avuto dei complici, i famosi "Compagni di Merende". Giuttari aveva fatto confessare Lotti, detto Katanga, che gli aveva riferito di aver preso parte all'omicidio degli Scopeti nell'85, e poi, messo a confronto con Pucci, i due confessarono gli omicidi e tirarono in ballo anche il Vampa (Pacciani), indicato come mente del gruppo, e Torsolo (Vanni).

Pacciani viene condannato in primo grado a diversi ergastoli, in più in sede processuale usciranno fuori le violenze alle figlie, il carattere perverso e malato del contadino di Vicchio: in appello invece, mentre l'Italia si spacca tra colpevolisti ed innocentisti (con raggio d'azione simile a quello avuto recentemente per il caso di Cogne), viene ribaltata la sentenza. Assoluzione piena. Pacciani si lega a Suor Elisabetta e le chiede di conservare circa 150 milioni di lire: come poteva un contadini, stato in carcere per buona parte della sua vita, accumulare cotanta ricchezza? Sommiamoci anche due case di proprietà eh.
Nella mente del dottor Giuttari e del Pm Canessa, inizia a comporsi un puzzle più grande di quello già conosciuto: da il Pacciani unico esecutore, a il Pacciani mente di un gruppo di squinternati depravati, a Pacciani mente di un gruppo di squinternati depravati assoldati da qualcuno.
Tutto questo trova certezza nella mente di Giuttari, quando nel 2001, l'esame sul corpo ormai sepolto da due anni di Pacciani, certificò che l'uomo era stato ucciso. O meglio, soppresso: un cardiopatico come Pacciani, non poteva ingerire l'Eolus, un farmaco per asmatici. Questo gli avrebbe provocato la morte, disse il professor Francesco Bruno, criminologo e dottore di Pietro Pacciani fin dall'85. Quindi, qualcuno aveva ucciso Pacciani.
Qualcuno aveva ucciso quasi 35 persone, che bene o male si potevano ricollegare al caso del mostro di Firenze, ma la verità è che le prove non ci sono, non ci sono indizi, ci sono semplicemente sentori, ipotesi, istinto del dottor Giuttari e di Canessa.
Per ora c'era solo il processo ai compagni di merende, che si era concluso con la solita ilarità, ma anche con condanne pesanti, come ergastoli e colpi di 30 anni di galera.

Le indagini sui possibili mandanti
Il dottor Giuttari aveva indagato a metà degli anni '90, aveva fatto saltare in aria i compagni di merende e li stava assicurando alla giustizia, ma restava un punto fondamentale: perchè 4 grulli di paese, dovevano uccidere 16 persone, in quel modo poi? Cioè, ok Pacciani era la mente e magari, avendo subito un trauma come quello del 1951 del tradimento in quello stesso modo da parte di Miranda Bugli, magari avrebbe potuto convincere quei 4 dimenticati da Dio a fare questo scempio. Ma lungo 20 anni? In quel modo?
Parliamoci chiaro, è tutto molto strano: Pacciani poteva anche esser rimasto scottato dal tradimento, ma i tagli sulle vittime erano quasi chirurgici, cose che il vampa non credo potesse fare. Della stessa idea era Giuttari. Inoltre, alcune menomazioni sui cadaveri erano tagli rozzi, brutali, come se non esperti: sembrava quasi che qualcuno mostrasse a qualcun altro come si dovesse fare. Inoltre, nella prima perquisizione nella cella di Pacciani, mentre era ancora dentro per violenza sulle figlie, erano spuntate fuori riviste con immagini di donne messe nelle stesse posizioni delle vittime e inoltre con un triangolo disegnato a penna all'altezza del pube, delle stesse zone che poi erano asportate alle vittime. Poi, tutti quei soldi da dove erano venuti? Tutti sapevano che Pacciani era stato dentro per buona parte della vita, sapevano che non aveva ereditato, che era si tirchio, ma dall'essere tirchio, al comprare due case, ristrutturarne una terza e mettere da parte la bellezza di 150 milioni di vecchie lire, insomma.... ce ne voleva. Giuttari pensò a dei mandanti, proprio per questa smisurata ricchezza: magari qualcuno aveva pagato per gli omicidi. Vero è che gli altri, torsolo e katanga, non erano ricchi, anzi: il secondo dormiva addirittura da un prete, altrimenti sarebbe andato sotto i ponti. Ma chi avrebbe pagato per far uccidere dei ragazzi che amoreggiavano?
La cosa era molto strana.... il dottor Giuttari vedeva troppo strana tutta la faccenda e così si mise a cercare tra le vecchie perizie, quando all'inizio degli anni 2000, trovò quella di Francesco Bruno: noto criminologo che era stato contattato nel 1985 per esprimere un parere sui delitti del mostro. La perizia di Bruno ipotizzava una pista esoterica già da quell'anno: la piccola torre di breccia africana che era stata ritrovata su uno dei luoghi del delitto; i cerchi ritrovati nei giorni prima dell'omicidio da un guardiacaccia nella zona degli Scopeti; il fatto che gli omicidi avvenissero sempre (tranne per una volta) di sabato, e in situazioni di luna particolari; tutte le vittime erano in procinto di fare sesso, o comunque per l'assassino era così (i turisti tedeschi erano due uomini, ma per l'assassino erano un uomo e una donna appartati); viene asportato sempre il pube, e dopo anche il seno sinistro. Tutti dati che a Giuttari facevano pensare a omicidi su commissione, a pagamento, per fare un qualche tipo di rituale.
Iniziò così l'idea della pista esoterica: Michele Giuttari si rivolse ad un esperta di esoterismo che confermò le strane similitudini, le ipotesi, come quella dei cerchi di pietre che profetizzavano la morte dei due turisti francesi; così l'indagine si spostò sulla magia nera.

Giancarlo Lotti, durante il processo ai compagni di merende, aveva aperto la porta al dottor Giuttari: aveva dichiarato che i resti delle povere vittime, i feticci, erano comprati da un misterioso "dottore" che entrava in contatto con il Pacciani, che poi faceva sapere il da farsi. Ovviamente, la squadra mobile iniziò le indagini e scoprì varie cose molto interessanti, sparse tra loro, la cui logicità è sempre stata messa in discussione dal tempo intercorso tra una cosa e un altra:
Pacciani e Vanni frequentavano Gabriella Ghiribelli, prostituta identificata come testimone nel processo di appello contro Pacciani, insieme al suo protettore Norberto Galli. La donna aveva avuto una relazione con Sebastiano Indovino, siciliano con cui ebbe una relazione: l'uomo era nel giro dei siciliani/sardi emigrati in Toscana ed insieme a suo fratello Salvatore Indovino, frequentavano la Ghiribelli. Interrogata da Giuttari, la Ghiribelli disse di conoscere Vanni, perchè suo vicino di casa: spesso, il torsolo le aveva chiesto del sesso, ma lei non aveva mai accettato a causa della sua volgarità. Cosa che poi verrà smentita dal fatto che sia Vanni che Pacciani furono associati alla Ghiribelli, come clienti abituali. La donna era inoltre amica di Lotti, in quanto egli fosse un amico della convivente di Salvatore Indovino. A casa di quest'ultimo, la Ghiribelli faceva le pulizie e riferì di aver trovato spesso (di domenica mattina) i resti delle messe nere effettuate il sabato sera.

Nella stanza appena si entrava, c' erano ceri spenti, una stella a cinque punte disegnata in terra con il carbone, una indicibile sporcizia e confusione dappertutto, preservativi, bottiglie di liquori vari vuote, nonchè un cartellone appoggiato sul tavolo contenente tutte le lettere dell'alfabeto e numeri con all'estremità di questo cartellone, che era di forma ovale, due cerchi con scritte in uno SI e nell'altro NO. Nel mezzo di questo cartellone c'era un piattino da caffè sporco di nero. Sulle lenzuola del letto grande c' erano tracce di sangue. Erano macchie larghe quanto un foglio di carta da lettera".


Un cartellone simile era stato trovato a casa di Pacciani. La Ghiribelli disse che legato al circolo di San Casciano c'erano: Vanni, Lotti, Pacciani, Indovino e altre donne che venivano da varie parti d'Italia. Tutti quanti facevano delle messe nere, delle orge, succedeva spesso di venerdi e la domenica mattina, dovendo pulire per lavoro, la donna si ritrovava di fronte a scene come quella sopra descritta. La Ghiribelli tirò in ballo anche un importante svizzero, tale Mario Robert Parker: ricordate? Parker era l'uomo di colore che abitava a villa La Sfacciata nei giorni dell'omicidio dei due turisti tedeschi. Gabriella tirò in ballo anche lui, dicendo che c'era, era presente a queste riunioni e Vanni, ormai in carcere, nel 2003 disse al suo amico:

Mario Vanni:"Pacciani gli era nel bosco con le pistole... ma i morti gli ha fatti il nero".
Lorenzo Nesi:"Il nero chi?".
Mario Vanni:" Uli, Ulisse, (...) è stato questo Ulisse a ammazzà questa gente. Sedici persone, mica discorsi, eh? Questa bestia feroce...".


Nel 2003 venne appunto chiesto alla Ghiribelli se sapesse qualcosa e lei confermò dicendo: "Certo, era Ulisse. Giancarlo lo chiamava Uli non era di colore ma aveva un orecchino al lobo sinistro ed era considerato un po' strano".
Quindi riassumendo la posizione della Ghiribelli: la donna era una prostituta e consceva i due fratelli Indovino, che a quanto pare erano esperti di messe nere e questi frequentavano il Pacciani, il Vanni e il Lotti che, molto probabilmente, facevano messe nere e orge insieme a loro, caso strano proprio di venerdi e sabato sera. Ulisse, o meglio lo svizzero, era uno stilista ambiguo che partecipava anch'egli alle messe e che molto probabilmente era uno dei "capi". Tutti andavano da Salvatore Indovino, individuato come vero padre spirituale della setta di San Casciano: l'uomo, dopo un periodo di detenzione si era convinto di avere particolari doti esoteriche, tanto da diventare noto per i filtri d'amore che preparava, con il nome di Il mago di San Casciano.
Testimonianza Ghiribelli - Parte 1
Testimonianza Ghiribelli - Parte 2
La Ghiribelli, la cui testimonianza diventerà fondamentale nel processo contro i compagni di merende prima e contro i mandanti degli omicidi poi, continua però a parlare con Giuttari e a descrivere la macchina perversa di sangue ed orge che girava intorno a San Casciano.

Questo però non porta ai veri mandanti: Michele Giuttari capisce che il mago Indovino è il centro intorno al quale ruotano i compagni di merende, colui che organizza le messe, le orge, i giri di prostituzione e di feticci, ma mancano i nomi dei veri mandanti, di coloro i quali diedero l'ordine di uccidere 16 giovani.
Canessa e Giuttari, nel 2003, per l'ennesima volta, si rimettono a lavoro e giungono a delle carte del lontano 1988, dove una certa Mariella Ciulli aveva segnalato ai Carabinieri il suo ex marito, Francesco Calamandrei.
L'uomo faceva di mestiere il farmacista, e la Ciulli riferì ai carabinieri che tempo addietro, il marito era in possesso di una Beretta calibro 22, e che in casa e più precisamente nel frigo, vide dei feticci inscatolati. Probabilmente pezzi di carne umana: la polizia ovviamente controllò, ma dalle perquisizioni non uscì nulla. Successivamente, nel 1991, la donna era tornata dai Carabinieri che poco la prendevano sul serio, perchè affetta da disturbi mentali già da tempo. Quello che la Ciulli dichiarò era molto importante:

Nel 1968, a fine estate, mi trovavo in auto con mio marito, credo la mia Cinquecento, ferma in un viottolo nelle vicinanze di Castelletti di Signa, così mi sembra, anzi ne sono certa. Guidava lui in quanto io non sono molto pratica della zona e presumo che anche lui non lo fosse. Mi sembra che eravamo stati a cena da una nostra amica di Signa che mi aveva dato una pozione di polvere bianca contro il malocchio. Non ricordo come si chiami né dove abiti esattamente. Mentre eravamo in auto abbiamo udito alcuni spari e dopo pochi istanti abbiamo sentito e visto un bambino che piangeva accanto alla nostra auto. Il bambino ci notificò che la sua mamma era morta e ci indicò di andare verso un'altra auto che noi non vedevamo in quanto coperta da una siepe. In effetti notavamo che c'era un'altra macchina parcheggiata dove aveva indicato il bambino, un'auto grossa. Mio marito scese dalla Cinquecento, andò verso questa seconda auto e tornò indietro dicendo che non vi era nessuno a bordo. Con una bicicletta che stava appoggiata a un cespuglio prese il bambino e, fattolo salire in canna, si avviò dicendo che l'avrebbe accompagnato a casa facendosi indicare la strada dal ragazzo stesso. Mentre attendevo in macchina il ritorno di mio marito, vidi transitare un altro uomo in bicicletta: costui indossava una mantella scura e un cappello era di corporatura piccola, si soffermò un attimo a guardarmi ma proseguì verso l'auto più grande dove si fermò ad osservarla per poi proseguire...


Inoltre, la donna dichiarò di essere tornata in quel luogo il giorno dopo, con il Calamandrei che le inventò la scusa di aver dimenticato qualcosa: tornarono, il farmacista di San Casciano cercò e trovò quello che stava cercando, per poi andare via. Nel candore di chi non è totalmente nel pieno delle funzioni mentali, la Ciulli dichiarò anche che il marito, in possesso di quella famosa Beretta, la gettò a mare dopo l'assassinio degli Scopeti, nel 1986.
Tutto questo bastò a Giuttari e Canessa per accusare il farmacista di San Casciano di essere uno dei mandanti, insieme ad alcuni reperti interessanti trovati durante la perquisizione fattagli nel 2004: insieme al Calamandrei, altri professionisti e alti dottori di ogni campo.

"Ti facciamo fare la fine del dottore morto al lago"
Contemporaneamente all'accusa rivolta all'ex farmacista, arrivano altre notizie, ma sul fronte perugino.
Infatti la procura di Perugia, notificò al dottor Calamandrei un'informazione di garanzia per concorso nell'omicidio del dottor Francesco Narducci. Ricordate? Il dottore morto al lago nel 1985, sepolto in fretta e fuga.

Tutto è partito da alcune chiamate anonime.
Dora, una donna di Perugia, venne ripetutamente minacciata per telefono da alcuni soggetti sconosciuti. Uno di loro le disse:
"Ti facciamo fare la stessa fine del dottore morto al lago".
La donna, spaventata e senza capire la fondatezza di tali minacce, si rivolse ai carabinieri, che le misero sotto controllo il telefono e registrarono quelle minacce per un periodo medio/lungo. Degli uomini minacciavano la Dora perchè macchiatasi di tradimento, (nemmeno questa donna sapeva il motivo eh) e quindi condannata a fare la fine di questo fantomatico dottore e, in una telefonata con la voce di una donna, minacciata di essere assassinata come Pacciani. La Procura di Perugia ovviamente non poteva credere alle proprie orecchie: cosa c'entrava Pietro Pacciani, morto e sepolto ormai da anni, in una storia di Perugia, di minacce ad una povera donna?
La Procura indagò ed individuò il dottore morto al lago: era proprio Francesco Narducci. Inoltre, alcune lettere anonime, collegavano il famoso dottore all'assassino di Firenze e alcune di queste, chiedevano di vedere chi vi fosse realmente sepolto nella bara del dottore perugino.
Per favore alle indagini, la Procura si mosse molto velocemente e esaminò il corpo perfettamente mummificato del dottor Narducci: sconvolgente! L'uomo in quella bara è realmente il dottor Narducci, ma non è morto affogato come certificato velocemente nel '85, ma è morto assassinato. Chi era l'uomo quindi ritrovato quel lontano 1985? Quel corpo livido, gonfio, irriconoscibile che la famiglia di stimati dottori aveva avuto fretta di far seppellire?
Secondo gli inquirenti, il dottor Narducci è stato ucciso il giorno della sua scomparsa e la famiglia ne è stata informata il giorno stesso: questa, decise di sostituire il corpo con quello di un'altra persona, per poi ri/sostituirlo dopo la tumulazione, al fine di nascondere l'omicidio.
Cosa doveva nascondere la famiglia Narducci? Che c'entrava Narducci con il mostro di Firenze?
Sempre secondo la procura di Perugia in collaborazione con la squadra mobile di Firenze del dottor Giuttari (le indagini/processo sono ancora in corso), Narducci era il mandante degli omicidi: il dottore perugino aveva una casa a San Casciano e frequentava il dottor Calamandrei che lo avrebbe aiutato ad entrare in contatto con il mago Indovino; Indovino, avrebbe trovato i compagni di merende che per conto del Narducci, avrebbero potuto trovare i feticci che servivano al medico perugino, per i suoi rituali esoterici. Il padre del Narducci, medico anch'egli, stimato professionista ed alto rappresentate della massoneria italiana, accortosi di quello che stava combinando il figlio, ha deciso di.... "fermarlo" e quindi di inscenare il suo suicido nel lago Trasimeno, nel lontano 1985. Infatti, non vi furono più delitti da quel giorno...
Il padre di Narducci, a come stanno le tesi dell'accusa e ovviamente quindi non certezza assoluta, uccise il figlio del garzone e...

"Eravamo arrivati a mettere le mani sul mostro di Firenze e invece tutte le nostre fatiche sono andate in fumo perchè la massoneria ha fatto archiviare ogni cosa. Il mostro di Firenze era "il figlio del professor Narducci, che era uno degli esponenti della massoneria. Il professore ha fatto ammazzare il figlio dal garzone quando si è accorto di quello che stava combinando. Gli faceva comodo trovare un coglione e l'hanno trovato."


A parlare è Enzo Baldoni, maresciallo dei carabinieri di Perugia.
Questa è la spiegazione che oggi, al 2011, la procura si da degli omicidi del mostro di Firenze.
Un dottore, Francesco Narducci, figlio di un alto massone, che decide di darsi all'esoterismo e di reperire feticci particolari: usa l'amicizia di Francesco Calamandrei, usa la casa di San Casciano, per arrivare al mago Indovino, che gli trova i giusti tipi per i feticci chiesti. Una volta scappata di mano la situazione, il padre di Narducci, lo fa uccidere, sostituisce il corpo e fa si che tutte le indagini si perdano in false piste e vie cieche.
E Calamandrei? Il farmacista di San Casciano è stato assolto dall'accusa di essere uno dei mandanti, insieme agli altri professionisti, ma non ancora dall'omicidio del dottor Narducci.

La storia dell'orrore, di sangue, di morte.... quella che non può succedere qui, non da noi, è successa, ed è durata oltre 50 anni.


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Puntata Blu notte - I delitti del mostro di Firenze

 
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