La Linea D'Ombra: esoterismo, paranormale e misteri

Il mostro di Firenze, Parte 7

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AlexandraS~
Posted on 11/1/2011, 19:55     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




La storia potrebbe impressionare, le foto possono dar fastidio a chi piu sensibile visto che in alcuni casi sono abbastanza crude, quindi consiglio di non continuare la lettura a chi sa o sente di non poter riuscire a non agitarsi.

Di prove contro il Mostro di Firenze non ce n'è nessuna, di testimoni veri e propri nessuno, solo qualche avvistamento di una macchina bianca o rossa, di omicidi ce ne sono stati invece 5, sei se si conta quello del '68 per il quale Stefano Mele è in carcere.
La furia omicida ha preso piede da già due anni, siamo nel 1983, e l 'Italia vuole la verità, la Toscana vuole la verità. I genitori non sanno se lasciar andare i figli per strada, temono che gli adolescenti (i ventenni di allora) si appartino e vengano uccisi: la paura popolare era diffusissima.

Il giudice Rotella, subentrato al dottor Tricomi, ha il sospetto che il Vinci abbia un complice e che, per scagionare l'uomo, si siano uccisi due uomini di proposito: per evitare di dover compiere gli stessi tagli su un corpo maschile anzichè femminile, mostrando quindi un taglio rozzo, inesperto. La procura invece, sospettava che il mostro, il vero mostro, avesse semplicemente scambiato la capigliatura bionda e lunga di Rusch per quella di una donna.
I due modi di dirigere le indagini, tra ufficio del giudice istruttore e procura, erano cosi nette e differenti, da andare proprio per due strade diverse, separarsi all'inizio del 1984. Mentre il giudice istruttori arresta Pietro Mucciarini e Giovanni Mele, implicati marginalmente nell'omicidio del '68, la procura comincia a capire che l'indagine va rifatta completamente da capo, tutta.
Il giudice, costretto a vedere il Vinci fuori dalla faccenda perchè scagionato dal nuovo delitto, non si arrende e persiste. Nessuno sembrava così vicino al Vinci da potergli fare da complice, così il giudice Rotella ripiegò su Stefano Mele, in carcere già da più di dieci anni per il primo omicidio.
L'uomo, già poco sveglio di suo, dopo dieci anni in carcere, ovviamente non dice nulla di nuovo, ma parla e fornisce indizi in ben altri modi. Controllando il suo portafogli, esce fuori un biglietto dove un altro soggetto mostrava parecchio interesse per la vicenda. Ovviamente in un italiano del tutto scomposto:

RIFERIMENTO DI NATALE riguaRDO
LO ZIO PIETO
_______________________________
Che avesti FATO il nome doppo
SCONTATA LA PENA
_______________________________
COME RisulTA DA ESAME Ballistico
dei colpi sparati


La calligrafia portò a Giovanni Mele che molto probabilmente voleva ricordare al cognato (nel 1982, il biglietto quindi era vecchio) qual'erano le cose che doveva dire per allontanare i sospetti riguardanti il mostro di Firenze, dal clan dei sardi a cui apparteneva. Inoltre dal biglietto sembrava volesse tirare fuori dai sospetti proprio Pietro Mucciarini, che spesso e volentieri era apparso accanto a Natalino durante i tanti interrogati sul bambino.
Rotella suppose che la prima frase era un suggerimento a togliere dai guai il Mucciarini, la seconda era un suggerimento a ribadire le accuse verso chi non li poteva coinvolgere, mentre la terza era una frase che sarebbe servita a far credere alla versione dove il Mele era presente nel momento del delitto del '68.
Infatti, pur sbagliando l'indicazione del finestrino da cui si è sparato, Stefano Mele aveva confessato di aver sparato 8 volte: il giudice però non era convinto. Intensificò l'azione di intercettazione, di controllo e alla fine di questo processo, si convinse che a commettere il primo omicidio, quello della Locci e di Lo Bianco, fosse stato non solo Stefano Mele, ma tutto il clan dei Mele al completo! Perchè? Ovvio, la famiglia Mele (una famiglia vicina all'idea di clan) era stanca di Barbara Locci, era stanca di quel suo passare da un letto ad un altro, umiliando profondamente Stefano, Natalino e soprattutto, la famiglia.

Nella conferenza stampa in cui si annunciava il rilascio di Francesco Vinci, e quindi una disfatta per l'immagine degli inquirenti, il giudice Rotella però sconvolse tutti con la dichiarazione netta e clamorosa che tra i sospettati, fortemente sospettati, c'erano Giovanni Mele e Pietro Mucciarini.
L'accusa mossa contro i due uomini, e quindi la richiesta di arresto di entrambi, venne ulteriormente infuocata dal ritrovamento di un vero e proprio set di coltelli, lacci, liquido per detergersi le mani, che vennero trovati nella Fiat 128 di Giovanni Mele. Da tenere a mente che su nessun attrezzo è stato trovato anche solo un piccolo lembo di traccia che riporta ad uno dei tanti omicidi del mostro, ma questo era un dettagli microscopico di fronte all'opinione pubblica che già tirava un sospiro di sollievo, dal terrore in cui era piombata.
Giovanni Mele, dal carcere, accusava il Mucciarini dicendo di non essere sicuro della sua innocenza; il Mucciarini accusava Mele dicendo che molto probabilmente stava difendendo un altro Pietro.
Al giudice Rotella non ci volle tanto per capire che i due non c'entravano nulla con gli omicidi...

Settimo Omicidio: Rontini - Stefanacci

La storia
Pia Rontini e Claudio Stefanacci sono fidanzati, sono giovanissimi: lei 18, lui 22.
Siamo a Vicchio ed è il 24 luglio 1984. Pia studia cucina all'estero e per l'estate è tornata a casa dai genitori, Winnie e Renzo: da tempo è fidanzata con Claudio, figlio di amici di famiglia, che lavora nel negozio di elettrodomestici dei genitori, per poter continuare a studiare all'università. Tornata a casa, Pia ha trovato un lavoretto estivo in bar da circa un mese, si chiama La nuova spiaggia e nonostante sia solo un lavoro estivo, è molto faticoso, avendo scelto il turno dalle 19.00 alle 01.00.
Il 24 luglio però, Pia uscì da lavoro molto presto, alle 20.30: tornò a casa e si rilassò, non aveva voglia di uscire. Winnie la incoraggiò ad uscire, dicendo che lavorava troppo per la sua giovane età, che doveva divertirsi.
Sono le 21.05 (Winnie ha sempre posticipato di circa 10 minuti), Pia e Claudio escono dalla casa del ragazzo, sita in Via del Popolo, sempre a Vicchio: i due sono giovani, innamorati, sono costretti a stare lontani per buona parte dell'anno e quindi cercano intimità. Da quel momento, nessuno li vedrà più vivi.
Si appartarono in una stradina di campagna, poco distante dal fiume Sieve (non è l'unica coppia, come avrete sicuramente letto, ad essere stata uccisa accanto ad un corso d'acqua).

Una coppia, e un altro soggetto, alle 21.45 sentono 5 colpi di arma da fuoco nei pressi della zona "Boschetta", uno dei tanti luoghi in cui i giovani si appartavano.

Ore 23.30, la madre di Claudio, non vedendolo tornare come promesso, chiama Winnie Rontini, e aspetterà circa 1 ora e 15 minuti prima di avvisare i Carabinieri.
Da quel momento, tutta la comunità di Vicchio si mette alla ricerca dei due ragazzi e tra loro c'è Piero Becherini, un amico di Claudio: è lui che trova la Panda azzurra del ragazzo in fondo alla strada di campagna distante 4km dal paese. Sconvolto, non solo per la morte dei due ragazzi, ma sopratutto per l'atrocità compiute sul corpo di Pia, l'uomo torna al volante e una volta arrivato in città, dà l'allarme.

Pia era supina, a terra, distante circa 7 mt dall'auto: nella mano destra stringeva anche gli indumenti intimi, era rossa di sangue. L'assasino si è accanito su di lei, come se negli ultimi omicidi non avesse potuto sfogare la sua rabbia (Mainardi e Migliorini erano troppo vicino la strada, e per quanto riguarda i due ragazzi tedeschi...erano due ragazzi appunto), così ha seguito una scarica di rabbia che lo ha portato a mutilare il corpo della povera Pia, forse la più condannata tra le vittime femminili del mostro. Non era solo il pube ora ad essere colpito, ma per la povera Pia, il mostro ebbe un trattamento ancora più speciale... le asportò il seno sinistro con un taglio netto, preciso.

Alle 04.10, il maresciallo Polito, di Vicchio, arriva sul luogo del ritrovamento: con lui, le persone che avevano scoperto il cadavere, tra cui il Becherini. Con l'arrivo del comandante Sticchi di Pontassieve, poco dopo, si inizia l'opera di recinzione attorno alla scena del crimine che si conclude intorno alle 05.00.
Alla stazione dei Carabinieri di Borgo, alle quattro e mezzo scarse, arriva una chiamata da un soggetto che si qualifica come "Farina", fornaio della zona, che segnala un incidente in zona Boschetta: ovviamente, quel fornaio risulterà inesistente.
Ora è terrore.

La scena del crimine
La Panda azzurra di Claudio è sul fondo di una stradina cieca a 60 mt dalla strada principale: recintata. Lo sportello della guida e il bagagliaio sono chiusi e bloccati, mentre dal lato del passeggero, lo sportello è semplicemente chiuso. Il finestrino del passeggero è in frantumi, i cui vetri sono principalmente all'interno dell'auto. Quello sinistro è di poco abbassato.
Entrambi i sedili sono ribaltati, ma stranamente in avanti e non all'indietro.
In corrispondenza dello sportello di Pia si può notare una macchia di sangue sul predellino dell'auto, e la colatura del sangue che imbratta un fazzoletto e l'erba sottostante; sulla striscia dove corre il finestrino, altra macchia di sangue e sulla cornice del finestrino, due impronte digitali parziali. La fascia paracolpi aveva molto probabilmente due impronte di ginocchia sulla polvere.
L'aletta parasole del guidatore è abbassata, la cappelliera è stata rimossa e appoggiata ai montanti di sinistra: ci sono delle macchie di sangue sullo sportello destro, all'interno, di forma triangolare; sempre all'interno, sullo sportello destro si trova un'altra scia di sangue, 5 cm più giù c'è del sangue e formazioni pilifere.
Sotto il sedile di Pia ci sono i suoi jeans, la borsa e le scarpe rosse, sotto quello di Claudio invece ci sono le scarpe, pantaloni militari con macchie di sangue con un foro sulla tasca destra posteriore, con proiettile incastrato: dentro c'è il portafogli di Claudio, non toccato dall'assassino, ma bucato dalla pallottola. Dentro l'auto c'era anche una coperta, con dentro una scatola di preservativi vuota, e un orologio. Inoltre, sempre nell'auto c'è una torcia funzionante e spenta, sempre con macchie di sangue.
Nella tasca interna dello portello del passeggero, c'è un giornale sportivo e sotto questo, un coltello da cucina con filo seghettato e imbrattato.
Vennero analizzati i tantissimi (fidatevi, tantissimi) schizzi di sangue: Pia aveva il gruppo sanguigno A, Claudio lo 0.
Il sangue sulla torcia (da molti indicata come un registratore, dato che dalla foto non si capisce) e il sedile destro presentano tracce ematiche di gruppo A; il montante del finestrino destro, lo schienale e il sedile sinistro e il sangue sul giornale sono riconducibili al gruppo 0. Sul coltello c'è del materiale, ma non ematico; sulle tre pietre ritrovate in auto c'è del materiale, ma non ematico.

Sul vano posteriore c'è Claudio, con la maglia, i calzini, e gli slip, con le ginocchia flesse. Presenta 5 fori di proiettile: uno dietro l'orecchio sinistro con esito mortale; due colpi sulla faccia anteriore della regione toracica; uno al'emitorace sinistro con una scheggia di vetro; uno all'ipocondroio sinistro.
Inoltre, ha altre 10 ferite inflitte da un'arma bianca, con violenza in limine vitae al tronco, al basso ventre e alla schiena.
Pia è a 7/8 mt dall'auto, in un campo di erba medica: nella mano destra ha il reggiseno e la camicetta, sporchi di sangue. Secondo alcuni giornalisti, la camicia era abbottonata. Presenta lividi post mortem sulle caviglie, segni di trascinamento dopo il decesso sul retro delle cosce e della schiena. Indossa ancora gli orecchini e l'orologio con il cinturino danneggiato; la catenina è spezzata anteriormente e questo è un fatto strano, perchè non avrebbe potuto rompersi nella parte superiore con il trascinamento, quindi si presuppone si sia quando il cadavere della povera Pia era già nel viottolo.
Pia è stata colpita 2 volte dalla Beretta calibro 22: la prima volta nella regione zigomatica mascellare destra, con esito mortale; la seconda volta sull'arto superiore sinistro; una terza volta ma con i vetri del finestrino molto probabilmente, con un incisione a croce superficiale. Inoltre 2 coltellate orizzontali al collo, molto probabilmente quando la ragazza si trovava ancora in auto. Le è stato asportato il pube ed il seno sinistro post mortem, entrambi con tagli decisi e netti, sicuramente da un esperto, con uno strumento molto tagliente. Nelle escissioni parte sempre a ore 11, quindi è destro.
Vengono rinvenuti 5 bossoli, 4 in auto e 1 sull'erba.

Secondo il medico legale, la morte viene fatta risalire tra le 21.30 e le 22.00.

Le impronte delle ginocchia sono dell'assassino, come l'impronta papillare della mano sinistra sul sangue sgocciolato sulla panda, molto probabilmente lasciate durante il fuoco aperto su Pia: la ragazza è stata trascinata fuori in un secondo momento, mentre le caviglie le sono state afferrate prima di morire, quindi si presuppone che l'assassino si sia soffermato nell'auto forse per colpire il ragazzo con il coltello.
Stavolta l'assassino non ha guardato nella borsa della ragazza, ma ha asportato il ciondolo della catenina della Pia: tante cose sono diverse, per esempio l'assassino non era appostato nell'erba medica, non ci sono impronte, ma è venuto da un viottolo adiacente a quella via.
Il portafogli di Claudio è stato ritrovato nei pantaloni, ma non si capisce se sia stato ritrovato nella tasca bucata o nell'altra. I pantaloni vengono ritrovati dietro, ma nonostante questo c'è sangue sulla tasca e nel portafoglio, trafitto anch'esso, non c'è traccia di sangue.

L'uomo misterioso
Pia Rontini, come spesso accadeva alle ragazze uccise dal mostro, aveva riferito di essere stata seguita da un uomo, e nel caso proprio della Rontini, c'è addirittura un testimone.
La ragazza teneva corrispondenza con Ingrid, una compagna di studi danese, e alla stessa giovane, la Pia disse che al bar "c'erano persone poco piacevoli assieme alle quali si sentiva molto insicura": inoltre una sera, Pia si fece riaccompagnare a casa da un amico, Mauro Poggiali, che nel tragitto notò di essere seguito.
Inoltre, il signor Bardazzi disse di aver riconosciuto Pia e Claudio come i due fidanzatini che erano andati alla sua tavola calda il giorno dell'omicidio: i due mangiavano fuori ed un uomo alto, grosso, distinto, ordinò una birra e si mise fuori, fissando la Pia. Quando i due se ne andarono, l'uomo distinto si sbrigò a finire la birra e si accodò ai due ragazzi.
Al funerale di Pia e Claudio, il signor Bardazzi non riconobbe il signore in questione.

Le indagini
La mattina seguente al delitto, La Nazione (il giornale che più si era occupato del mostro) titolava in grande: "Ora è proprio terrore": l'Italia era piombata nel terrore del mostro.
La voce, le notizie, i titoli, camminarono in fretta come lampi e raggiunsero la scrivania del Ministro degli Interni, Oscar Luigi Scalfaro che stanco del protrarsi della faccenda, che stava gettando la nazione e la Toscana in un incubo senza fine, si affidò completamente alla procura e quindi ad dottor Pier Luigi Vigna, che sosteneva l'idea di ricominciare tutta l'indagine da capo. Inoltre, si mise una taglia sulla testa del mostro per 500 miliori di Lire: indizio che poteva far capire quanto fosse disperata la procura, a mio avviso.
Viene creata la Squadra Speciale AntiMostro, gestita dal commissario Sandro Federico che insieme a collaboratori scelti si occuperà esclusivamente del caso: tra questi, c'era il dottor Francesco De Fazio, che aveva il compito, insieme alla sua squadra, di stilare una perizia comparativa per i differenti crimini in modo da accorpare le tracce relative al killer. La SAM, Squadra AntiMostro, aveva il fine di organizzare un piano di intervento rapido nel caso avvenisse un nuovo omicidio.
Inoltre, venne rilasciato un provvedimento particolare: incrociare soggetti con precedenti penali a sfondo sessuale, vicinanza con i luoghi dei delitti, ed età attinente. Il tutto attraverso il farsi consegnare dalle anagrafi di tutti i comuni della provincia di Firenze, i nominativi di uomini single, in età compresa tra i 30 e 60 anni. Si faceva anche un confronto con i casellanti delle autostrade, per controllare gli spostamenti.

Un modo attivo di intraprendere le indagini, per questo ci si sconvolge di quello che sarebbe venuto poi.


Ricostruzione.


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Edited by AlexandraS~ - 30/1/2011, 16:34
 
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