La Linea D'Ombra: esoterismo, paranormale e misteri

Il mostro di Firenze, Parte 5

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AlexandraS~
Posted on 8/1/2011, 21:15     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




La storia potrebbe impressionare, le foto possono dar fastidio a chi piu sensibile visto che in alcuni casi sono abbastanza crude, quindi consiglio di non continuare la lettura a chi sa o sente di non poter riuscire a non agitarsi.


Siamo a giugno/luglio 1982.
Il mostro di Firenze ha già ucciso quattro volte: l'intera regione è nel panico e l'Italia intera sta a guardare. Gli inquirenti credono di avere adesso una pista, ma oltre quella non ci sono nè prove, nè indizi, nè testimoni. L'ultima speranza è spirata insieme a Paolo Mainardi, sopravvissuto alla furia omicida del killer, ma morto in ospedale dopo che vi era arrivato già in coma profondo.
La Dalla Monica brancola nel buio e decide di tirar fuori un identikit fatto durante l'inverno, che però non porta da nessuna parte: la vera svolta però avviene a fine di giugno 1982.
Forse una lettera anonima, forse la buona memoria del maresciallo dei Carabinieri Francesco Fiore, ma l'indagine prende una piega inaspettata.
Le indagini vengono spostate fino a Perugia ( non sarà l'unica volta) per riaprire un vecchio delitto, datato 1968.


Primo omicidio: Lo Bianco - Locci

La storia
Stefano Mele era arrivato in Toscana negli anni '50, dalla Sardegna: lì aveva fatto il pastore, ma vivere dignitosamente, o anche lontanamente, gli era del tutto impossibile. Così, seguendo la sua famiglia, si era trasferito nella nuova regione, trovando subito lavoro come manovale: il ragazzo era gracile, magro, ma con tanta voglia di fare, anche se psicologicamente e moralmente la sua forza era paragonata a quella di un grissino. Era un uomo semplice Stefano Mele, della terra, uno di quegli uomini a cui interessa trovare il piatto caldo sul tavolo a cena.
Si sposa con Barbara, Barbara Locci, di 16 anni piu giovane di lui: la donna però, molto piu scaltra, piu.... allegra del Mele, aveva prima abitato con il marito a casa dei genitori di lui e poi, una volta trasferiti a Signa (buttati fuori casa dal padre di Mele, Palmiro, proprio perchè non sopportava l'esuberanza della ragazza), cominciò ad avere relazioni sessuali con molti uomini. Di cui quattro/cinque fissi.
Il 25 dicembre 1961 nacque Natalino, il primo ed unico figlio della coppia: dopo qualche anno, Stefano ebbe un incidente. Un uomo, Francesco Vinci, in motorino (alcuni dicono in auto, ma come tutto in questa storia, c'è poca precisione sui fatti veramente accaduti) investì Stefano, che per un breve periodo rimase in ospedale. Non avendo l'assicurazione, l'incidente venne imputato a Salvatore Vinci. Salvatore divenne amante di Barbara: in quella donna trovò tutto ciò che lo soddisfaceva, soprattutto in campo sessuale. Infatti, Salvatore Vinci non disdegnava il sesso di gruppo, i giochi erotici più strani e Barbara sembrava essere una a cui le situazioni strane piacevano parecchio, eccome: lui che era scappato dalla Sardegna perchè sospettato dai parenti della moglie di averla spinta alla canna del gas, di certo non si fece pregare prima di aggiungersi alla schiera di amanti della Locci.
In paese si vociferava che il Mele, talmente succube della moglie, partecipasse al sesso tra Barbara e Salvatore (che nel frattempo era andato a vivere da loro) e che addirittura portasse il caffè a letto agli amanti della moglie.
Barbara però si stancò presto della situazione e si liberò facilmente di Salvatore, passando a Carmelo Cutrona e poi, per assurdo, a Francesco Vinci.
La relazione con Francesco durò fino ai primi di agosto del 1968, quando la donna iniziò a frequentare Antonio Lo Bianco.

Il delitto
E' circa mezzanotte, 21 agosto 1968.
Barbara Locci ed il suo amante del momento, Antonio Lo Bianco, stanno uscendo dal cinema: davano Nuda per un pugno di eroi, un film svedese con attori giapponesi/cinesi, dove un infermiera (.... -.-) assiste i membri. Di una squadra di soldati.
La ragazza del cinema, nota un bambino in braccio a Barbara: molto probabilmente suo figlio, Natalino, entrato con loro per vedere un film vietato ai minori. Insieme ai due, c'è Antonio. La giovane però, nota anche un uomo con fare strano, un uomo che sembrava li seguisse, un uomo che aveva notato anche all'ingresso al cinema.
I due salgono sulla Giulietta bianca di lui, posano Natalino sui sedili posteriori, cosi può tranquillamente dormire, e prendono la strada per Signa. Forse per il film, forse per l'istinto del momento, ma i due decidono di cambiare strada e dirigersi verso il cimitero di Signa, a qualche chilometro.
Nel momento in cui Barbara era sopra Antonio, qualcuno sbucò fuori dal canneto lì vicino e sparò, uccidendoli entrambi.
Alle 02.00 del mattino, il signor De Felice sente bussare alla porta e li, scalzo, assonnato, tenero, c'era Natalino: "Aprimi la porta perchè ho sonno, ed ho il babbo ammalato. Dopo mi accompagni a casa perchè c'è la mi' mamma e lo zio che sono morti in macchina".

La scena del crimine
Alle ore 06.30 del mattino, il magistrato chiude il verbale del sopralluogo.
A 100 mt dal bivio di Comeana, la Giulietta Alfa Romeo 1600 bianca di Antonio lo bianco è parcheggiata con la freccia destra accesa e lampeggiante.
Lo sportello posteriore dal lato del passeggero è socchiuso, il finestrino posteriore dal lato del guidatore è abbassato per metà, mentre quello anteriore solo di poco.
Al posto di guida, con schienale alzato, c'è Barbara Locci: mentre Lo Bianco è sul lato del passeggero, con schienale abbassato, con una gamba sotto il corpo di Barbara.
La donna è stata colpita quattro volte: alla spalla sinistra, 2 colpi all'emitorace posteriore sinistro di cui uno mortale, alla regione lombare. Il collo della vittima presenta un'abrasione dovuta allo strappo netto della catenina che è stata rinvenuta a terra.
Anche Lo Bianco è stato raggiunto da quattro colpi: 3 al braccio sinistro e regione emitoracica sinistra, mentre l'ultimo l'avambraccio sinistro. I pantaloni sbottonati, scalzo al piede sinistro: la scarpa era poggiata tra la zona dei pedali e la portiera che, venendo aperta da uno degli agenti, ha fatto cadere a terra la scarpa.
I cadaveri sembrano essere stati ricomposti, quindi rivestiti per sommi capi: molto probabilmente l'assassino ha sistemato gli slip della donna che invece erano abbassati, le hanno coperto le gambe e l 'hanno spostata da sopra il corpo di Lo Bianco.
Sul sedile posteriore c'è la borsa di Barbara che, molto probabilmente è stata aperta e controllata dal killer: cosa non nuova al mostro di Firenze.

Il racconto di Natalino
"Aprimi la porta perchè ho sonno, ed ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perchè c'è la mi' mamma e lo zio che sono morti in macchina".
Il bambino è arrivato a piedi da solo? Alle 2 di notte?
Fino al 26 agosto, qualche giorno dopo il delitto, la polizia fu costretta a credergli: il bambino aveva percorso 2 km a piedi, scalzo, al buio.
Natalino dice di avere sonno, magari può essere stanco per il tragitto fatto da solo ed il tempo intercorso tra la morte della madre (mezzanotte circa) e il ritrovamento del piccolo (2 ore dopo) potrebbe far pensare che proprio il bambino abbia vagato per trovare aiuto.
Perchè sottolineare che il babbo è malato? Forse, Barbara Locci aveva dato questa scusa per motivare la presenza di Lo Bianco invece del Mele quella sera al cinema ed il bambino, a cui era rimasto impresso questo fatto, ha ripetuto tutto.
"Era buio, tutte le piante si muovevano, non c'era nessuno. Avevo tanta paura. Per farmi coraggio ho detto le preghiere, ho cominciato a cantare la tramontana... La mamma e' morta, e' morto anche lo zio. Il babbo e' a casa malato."
La testimonianza di Natalino viene presa in considerazione, ma gli inquirenti erano dubbiosi: la parte del babbo malato sembrava quasi forzata.

Le indagini
I giornali continuano intanto la loro campagna al mosto.
Subito sospettato, Stefano Mele, marito della vittima e padre di Natalino: di certo, il Mele aveva un movente lunghissimo, ma bisognava trovare le prove. Per questo, la procura lo trattenne 12 ore sotto interrogatorio: l'uomo, prima accusò gli amanti della moglie, Francesco Vinci e Carmelo Cutrona, poi confessò il delitto.
Ma perchè confessare? Perchè si è colpevoli, o perchè si è spinti.
Il piccolo Natalino, affidato agli zii (che nel '84 si scoprirà che fecero pressioni per tenere fuori la famiglia dalla vicenda), fu convocato nuovamente in questura e il sede di interrogatorio, disse che fu proprio il padre a prenderlo dall'auto, caricarlo sulle spalle e accompagnarlo a casa di De Felice. Susseguentemente, Natalino fece anche il nome di zio Piero, e cioè il marito della sorella di Mele, ma gli zii intervennero per mantenere Piero Mucciarini fuori dalla storia.
Naturalmente, il tempo passa e Natalino, dirà poi di non ricordare più nulla, e poi di non ricordare proprio niente, nemmeno il De Felice.
Stefano Mele, dopo la confessione, fu portato sul luogo del delitto e gli venne chiesto di mimare le azioni compiute quella notte (visto che anche la polvere da sparo trovata sulle sue mani dava una prova): Mele fece perdere gli inquirenti, non sapendo nemmeno dov'era il luogo del delitto; sapeva come era morta la moglie, ma dopo 3 giorni dall'omicidio non sapeva piu mimare le stese azioni; era impacciato con la pistola, non dava dettagli. Forse non è lui il colpevole...
Quando la polizia gli chiese dove avesse messo l'arma, una Beretta calibro 22 con proiettili Winchester serie H, l'uomo non seppe rispondere e tirò dentro Salvatore Vinci: quella sera, Stefano Mele incontrò Vinci e gli raccontò le ultime notizie sulla moglie. Salvatore Vinci, uomo profondamente geloso della Locci, propose a Mele di ucciderla: disse di avere una pistola, e mandò il marito al cinema. Insieme avrebbero seguito Barbara e Antonio, li avrebbero uccisi e poi avrebbero buttato la pistola nel fiume.
La mattina dopo infatti, la polizia si mise alla ricerca della pistola, che però sul fondo del fiume non c'era.
Quella stessa mattina, mentre gli agenti erano alla disperata ricerca della pistola, Salvatore Vinci respingeva tutte le accuse e forniva un alibi di ferro: nonostante questo, gli inquirenti (tra cui il tenente Dell'Amico) organizzano un confronto tra i due. Basta un solo sguardo del Vinci per far crollare Stefano Mele, che però tira dentro l'altro Vinci, Francesco. La storia era la stessa, cambiava solo il nome e qualche particolare: il motorino di Francesco Vinci. Il Vinci infatti, avrebbe raggiunto i due amanti insieme al Mele e qui, quest'ultimo non avrebbe trovato il coraggio di sparare. Francesco Vinci quindi sparò e poi ripose la pistola nel vano del motorino: dalle indagini però si scoprì che il motorino era in riparazione e che una pistola di quelle dimensioni non poteva di certo entrarci.
Stefano Mele quindi, stanco e arrabbiato, si arrese e confessò di essere l'unico assassino della moglie e del suo amante.
Dal processo si scoprì che la Locci si era accorta di essere seguita da un motorino e ad un suo occasionale amante disse "lo sai che ci potrebbero anche sparare mentre siamo in macchina?": inoltre, Francesco Vinci ammise di averla seguita qualche volta, anche se non lo disse mai esplicitamente. Disse "Tengo a precdisare di non aver mai seguito Barbara Locci, ma di averla vista per caso una volta alle cascine in compagnia di un tale che stava compiendo su di lei degli "atti". Non so' esattamente chi fosse, io lo conoscevo come tal Francesco".
Questi piccoli indizi, che fanno pensare ad un complice di Mele, al vero complice di Mele, quello che ha fatto sparire la Beretta o che molto probabilmente l'ha tenuta, per poi farla tornare a sparare, non bastarono a salvare il marito della donna dalla condanna: nel 1973 si arriva alla condanna definitiva di 14 anni di carcere, da scontare a Firenze.



Tratto da Enigma, otti programma di Corrado Augias.




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Edited by AlexandraS~ - 30/1/2011, 16:33
 
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