Figlia di Zeus, e di Era, sorella di Ares e di Ilitia; la usa immagine valse da simbolo di perenne giovinezza, anche ne l significato mistico di rinnovamento e purificazione.
Secondo la tradizione, ancella degli dei, Ebe mesce il nettare in coppe d'oro al loro convito, aiuta la madre ad apprestare il cocchio, lava e veste Ares.
Nell'Odissea appare già sposa di Eracle, a cui fu data quando l'eroe venne assunto in cielo.
Le erano dedicati templi a Sicione e a Fliunte, dove era anticamente chiamata Ganymeda (che allieta) e Dia; associata con Eracle a Cinosarge, Ebe nell'inno omerico ad Apollo Pitio, danza con le Càriti, con le Ore, con Afrodite.
A Roma fu identificata a partire dal III Sec. a.C. con l'indigena Juventas, che simboleggiava non tanto la giovinezza, quanto piuttosto il perenne rifiorire dello Stato.
Di questa significazione è prova il culto che le veniva reso; nelle grandi famiglie si celebrava un festa con carattere ufficiale quando i giovani sostituivano alla toga praetexta della fanciullezza alla toga virile: essi si recavanno allora sul Campidoglio a pagare un tributo alla dea e la pregavano insieme con Giove.
Juventas aveva un tempio consacrato presso il Circo Maximo.