La Linea D'Ombra: esoterismo, paranormale e misteri

Mercury's Blog.

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Posted on 31/3/2011, 16:49     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png
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Apro così il mio blog, con un racconto che scrissi qualche settimana fa. Se mi andrà posterò gli altri capitoli.
Per quanto riguarda il blog, conterrà le mie personali poesie, i miei appunti, i miei racconti, alcune foto, magari qualche disegno e dei lavori grafici. Spero che pian piano, i miei lavori vi piacciano sempre più.


La selva

Una fragranza alla lavanda cominciava a volteggiare fra le fodere dei libri, e quelle pagine ormai rovinate. La polvere che si irradiava nell’aria, non era paragonabile a quel profumo così forte che da quasi un ora non smetteva di farsi sentire. L’incenso, continuava a impregnare la stanza di un gradevole odore, mentre Naomi studiava e si massaggiava le tempie, per fingere di stare meglio.
Pile di fogli bianchi erano sparsi sul tavolo, che ormai sembrava una scrivania di un ufficio parecchio indaffarato. Tutti gli appunti, scritti a mano, avevano una stupenda calligrafia dolce e aggraziata, che si vedeva appartenere ad una ragazza. Impiegava delle ore a volte a scriverli, a ripiegarli, e sistemarli nelle cartelle e a poi a riprenderli quando più le servivano. Perfino i colori erano scelti per ogni tipo di materia… Tutto doveva essere al suo posto, come lei aveva deciso.
La tazza di caffè caldo, posata sul libro di letteratura si era ormai raffreddato, e aveva bloccato la pagina sulla quale si poteva ben vedere l’immagine di qualche autore medievale italiano. La caffeina non la aiutava più da tempo, come ogni tipo di bevanda calda. Anche se ogni tanto si concedeva ancora del thè o qualcosa che la calmasse, come se fosse una rara e antica cura contro lo stress, e il nervosismo.
Non aveva mai avuto il dono della pazienza e nonostante avesse molte capacità, l’accuratezza, la responsabilità, e l’ordine, combattere contro la noia e la voglia di scappare per lei non erano cose facili. Il tutto, era circondato da un modo di fare che lasciava al tempo, le decisioni… infatti Naomi, cercava di far scorrere tutto sotto il ponte, in attesa di una soluzione dall’alto, o da qualche altro posto.
Inoltre, un’altra cosa che non l’aiutava, era la pioggia. Dalla finestra da più di dure ore continuavano a provenire rumori su rumori.
La tempesta fuori stava impazzando, e la stanza ogni tanto veniva illuminata di un’intensa luce viola… Dopo qualche secondo di silenzio, c’era il tonfo assordante del tuono.
Il vento sembrava non finire mai, considerando che non faceva altro che gelare l’aria da più di una settimana. Anche se, tuttavia, era inverno e non si poteva pretendere troppo.
Naomi odiava la parola “inverno” più di ogni altra cosa al mondo: l’inverno la rendeva triste, la faceva sentire depressa, stanca, e odiava accorgersi che alle prime ore del pomeriggio era già notte.
L’idea del mare, dei fiori e dell’aria lieta le offuscarono per un attimo la vista. Portò la tazza del caffè alle labbra, e iniziò a sfogliare, senza accorgersene, le pagine del libro. Dante, Petrarca, Boccaccio e altri passarono sotto i suoi occhi, che erano impegnati nell’immaginare tutto quello che l’estate aveva lasciato.
Ritornò nella cornice della sua stanza, che ormai conosceva così penosamente a memoria, nonostante avesse cambiato, come era solita fare, la disposizione dei mobili: il tutto poteva essere riassunto con il fatto che le piaceva cambiare. E la stanza era solo uno dei più piccoli e irrilevanti particolari che amava stravolgere.
Cambiava spesso ragazzo, soprattutto perché sembrava avere quasi la calamita per tutti quelli con dei problemi, e la ruota continuava a girare in quel modo… Cambiava gli amici, perché quelli di prima erano sempre più stupidi e vuoti, e lei, nonostante non lo desse a vedere, aveva da donare tanto.
Cambiava casa, e città, con la stessa facilità con la quale spostava la televisione dalla scrivania, al mobile vicino al letto. Era un classico.
Aveva cambiato casa circa quattro volte negli ultimi due anni, e aveva il timore che l’avrebbe continuato a fare per molto tempo ancora.
I suoi genitori, purtroppo, erano persone insaziabili di lavoro, che era la loro vita, e preferivano cambiare casa, per accorrere a quelli che erano i bisogni che più servivano ad una famiglia. Un tetto sotto al quale stare, da mangiare, con il quale sfamare i propri figli, e tutte le altre spese che sarebbero sorte in un modo o nell’altro.
Naomi, riconosceva i grandi sacrifici che i suoi genitori facevano per lei, anche se non poteva fare a meno, delle volte, di far caso anche a quello che servisse veramente a lei.
L’affetto, era un’emozione che non aveva mai conosciuto da parte loro, e che non l’aveva mai accompagnata nella sua vita fino a quel momento, se non per qualche piccola eccezione. Proprio per questo faceva fatica a legare con i ragazzi, o con gli amici. Li vedeva come degli ottimi passatempi a quello che erano le cose più importanti.
Il vento continuava a soffiare leggero, mentre faceva sbattere forte i rami degli alberi vicini, e del alloro, contro quella che era la villetta della famiglia Geller.
Quella villetta, era facile da vedere anche da lontano, perché le pareti rosate spiccavano sullo sfondo scuro degli alberi spogli in autunno… Di inverno invece, quando scendeva la neve, era quasi del tutto mimetizzata fra gli anfratti e i rami innevati che la circondavano.
Ma poi, nessuno da quelle parti faceva caso alla famiglia Geller, anche perché nessuno abitava lì. Quella piccola collina del nord della Scozia, era quasi del tutto disabitata.
Solo oltre il bosco, si potevano scorgere tutta una serie di piccole casette colorate, con i camini ancora accesi a metà maggio. Era una scena che si intonava parecchio ai verdi campi di erba verde vivo, e ai petali delle margherite in primavera.
Il bosco, era così fitto e scuro, che non c’era da meravigliarsi se non si poteva trovare qualche fosse più tenebroso e tetro. Era già un miracolo, forse, non esser stati contaminati, da quella luce nera che lasciava a chi si avvicinava…
Ma a Naomi non importava un granché. Non si avvicinava mai al bosco più di quello che era consentito da buon senso, e così aveva sempre fatto. Non si sarebbe mai sognata di entrare tra quei fitti rami che proprio non le piacevano… Aveva tanti altri modi per evadere dalla villa Geller.
Ma per ora era lì a sbuffare, sopra quell’ammasso di libri pesanti e unti che ormai non l’appassionavano più: Aveva da sempre amato i libri, ma quelli che la potevano far emozionare, quelli che la trasportavano in un altro mondo. Quelli che aveva letto da quando era poco più che una bambina, fino a quelli che la stavano accompagnando nel diventare donna.
Aveva da poco finito l’ultimo libro preso in libreria la settimana prima ed era sul comodino, chiuso. Anche se si poteva notare il segna libro, che indicava il punto in cui aveva terminato la lettura prima di finirlo. Una decina di pagine prima delle fine… o poco più.
Spostò i capelli biondi da davanti agli occhi, che tutti continuavano ad ammirare, e a contemplare quando si presentava a qualcuno di nuovo. Infatti, Naomi era una ragazza bellissima: i capelli le scendevano sinuosi fino al seno, e le curve sorgevano proprio nei punti più giusti.Attirava l’attenzione di molti, anche se ai suoi occhi marroni, pochi erano graditi… Quei pochi erano (stati) molto fortunati.
Continuò a leggere quei versi, mentre i paragrafi si alternavano in una danza che sembrava non finire mai. Stava studiando da un oretta, e proprio non riusciva a capirne il senso.
Leggeva, ma non le importava cosa fosse scritto su quelle pagine. Non le avrebbe cambiato la vita conoscere quelle cose, ma non poteva fare altro che studiare, crescere ed andare avanti.
Si abbandonò a quei pensieri che la stavano portando troppo lontano, dalla sua piccola villetta in Scozia, e decise di ritornare sui libri, o su qualsiasi cosa che le fosse venuta in mente di meno affascinante e intrigante da poterla distrarre.
Per esempio, essere sola a casa di sabato sera era una delle cose che odiava di più.
I genitori erano partiti da qualche ora, e si trovavano ormai a più di 50 km da casa. Una conferenza importante del padre di Naomi, a Manchester, aveva costretto anche Monica, la madre, e Jesse, il fratello, a spostarsi per qualche giorno in un hotel sulla Maxington Street.
Naomi aveva declinato gentilmente la proposta con un sonoro: «No!», che si era fatto poco apprezzare dal padre di Naomi, che aveva storto il naso a quella risposta.
Si alzò tranquillamente dalla sedia, con le braccia che le penzolavano sui fianchi, come se pesassero terribilmente, e con aria stanca si avvicinò alla finestra, afferrando il cellulare che era sulla scrivania.
Con uno scatto lo aprì, e vide che aveva un messaggio: era di Jesse.
“Siamo arrivati, ma ancora non troviamo l’hotel. Papà si è di nuovo arrabbiato e ha ritirato fuori storie assurde. Già non ce la faccio più con loro… Spero che questi cinque giorni passino nel modo più veloce possibile. Ti chiamo dopo, ciao”
Lesse velocemente il messaggio, e richiuse il cellulare, mettendoselo in tasca e iniziò a guardare fuori dalla finestra. Alla vista del cielo scuro, pensò a come potesse stare Jesse con loro due, e per un secondo si sentì in colpa per non averlo accompagnato.
Jesse aveva quattordici anni, e nonostante avesse otto anni di differenza con la sorella, il suo rapporto con lei era di molto più sincero e profondo che con alcuni amici incontrati nelle precedenti città.
Con Jesse, le cose erano diverse. Lui non era il solito fratello che tutti potevano avere, e Naomi era così pazzamente innamorata di lui che avrebbe fatto di tutto per toglierlo il prima possibile dalla mano di quei due.
Spesso, quando tutta la famiglia litigava, loro due si chiudevano in camera, e cominciavano a parlare liberamente. Senza vincoli, ne costrizioni… Senza regole. Era solo un modo per sentirsi meglio, e stranamente, era utile a tutti e due.
Incominciò a mancargli vedendo il letto vuoto, e si sentì nuovamente quella strana sensazione di malessere per non essere lì con loro.
Dalla finestra poteva vedere, oltre il giardino, il bosco che le se apriva come la prima pagina di uno dei libri che lei amava leggere. Per un momento, ebbe la voglia di sfogliare quel libro. Sentiva di doverlo fare, ma poi si staccò dal vetro della finestra, e decise di prendere qualcosa da mangiare.
Scese le scali tranquillamente, e si ritrovò al primo piano della villetta.
Casa Geller, o meglio, l’ultima casa della famiglia Geller, era spaziosa, ordinata, composta e pulita. Unica eccezione era la stanza di Naomi, sempre adornata dalla polvere… La sua camera era l’unica nella casa ad avere il tetto in legno, e sporcava molto.
Il salone, era accogliente e godeva dell’essere la parte più riscaldata, grazie al camino che scoppiettava tranquillamente.
Naomi accese la luce, entrando in cucina, e notò subito uno spiacevole odore di gas. Si avvicinò ai fornelli, e si accorse che uno di questi era aperto, come sempre.
«Un giorno di questi mi ucciderai, dannato fornello difettoso», sbuffò Naomi, girando la manovella noiosamente.
Aprì il frigorifero, ma niente le andava. Così decise di fare una camomilla… L’avrebbe calmata e rilassata: proprio quello di cui aveva bisogno Naomi in quel momento.
Tornò in camera con un bel bicchiere fumante di pozione rilassante, e sprofondò nel letto, abbandonando ormai l’idea di studiare.
La pioggia sembrava ancora non essersi stufata di cadere su quell’isolata cittadina, e faceva sempre più freddo, tanto che la finestra della sua camera era ormai offuscata dalla differenza di temperatura con l’esterno. Il vento soffiava insistente, e Naomi si chiese per qualche istante se non ci fosse qualche tromba d’aria nelle vicinanze…
Finita la camomilla si rilassò sul letto tranquillamente, in attesa di qualche idea per la serata.
Cominciò a pensare a quello che doveva fare il giorno seguente: una lista infinita di giri in città, fotocopie a tutto spiano dei libri di testo per il trimestre successivo e anche una passata al supermercato… Il frigorifero da quanto aveva visto chiedeva pietà.
Fu invasa da una strana voglia di non fare nulla per tutto il giorno e mandare all’aria gli impegni, per uscire con qualcuno o per fare un giro in centro. Cambiò idea velocemente, rendendosi conto che sarebbe rimasta in fretta senza nulla da mangiare e soprattutto… senza una laurea.
Lo studio per l’università la assillava così tanto, che non passava giorno senza rimproverarsi per aver scelto di continuare gli studi. Avrebbe preferito lavorare, oppure cambiare città, cambiare posto, persone… fare esperienze nuove.
Aveva sempre sognato una vita così, ma purtroppo i suoi sogni si trasformarono in un’arcata di rimpianti, che non facevano altro che rincorrerla per ricordarle quanto avesse sbagliato via da percorrere.
Aspettava con ansia il giorno nel quale il tempo si sarebbe fermato per un istante, e poi sarebbe iniziato a scorrere al contrario per darle una seconda possibilità.
Si era rilassata così tanto e stava quasi per chiudere gli occhi… Quando una voglia così forte di portare a termine un’idea la fece sobbalzare dal letto.
Doveva fare quella cosa.Sentiva di farlo, ed era quasi istintivo. Sembrava essere il destino ad indicargli la via da percorrere.
Si alzò velocemente, prese il giacchetto dalla sedia sulla quale era seduta fino a poco tempo prima. Cercò il cellulare sul tavolino, ma solo poco dopo si accorse di averlo in una tasca dei jeans.Scese le scale di tutta fretta, senza vedere nemmeno gli scalini e tenendosi al corrimano cercò di non cadere.
Arrivò alla porta di ingresso allungò una mano per prendere l’ombrello vicino al tappeto per terra. Non sapeva fino a che punto le sarebbe stato utile visto che fuori la tempesta di faceva sempre più forte, ma decise comunque di prenderlo.
Con uno scatto sonoro fece ruotare le chiavi di casa, ed aprì.
Chiudeva sempre a chiave tutto… era diventata ormai una delle sue tante abitudini.
Forse perché da piccola aveva visto un’ombra nell’oscurità aggirarsi per la sua stanza, in cerca di denaro, o qualcosa da poter portare via. Ma era rimasta ferma, ed immobile nel letto, facendo quasi finta di non respirare più per paura di essere sentita… e da quel momento ebbe paura di qualsiasi persona entrasse in casa sua.
Proprio per questo era anche molto fredda e poco aperta con gli sconosciuti, o con le persone in generale. Non si sarebbe mai perdonata l’essersi affiancata a qualcuno che le avrebbe potuto far del male… Spesso infatti reagiva nel modo più facile possibile, e non in quello giusto. Allontanava tutti, perché allontanare significava soffrire meno.
Uscendo sul giardino, affondò le scarpe da ginnastica in quello che era il giardino che Monica curava tutti i giorni e si rimproverava di continuare ad assistere.
L’alloro nasceva imponente al centro del giardino, vicino alla camera di Naomi, e all’entrata sul retro. Naomi ogni tanto scendeva e si appoggiava a quel grande tronco millenario, per scrivere, ascoltare della musica, o stare un po’ da sola, perché stare lì la aiutava molto.
Le immagini di quando in estate si ritrovava lì, vennero sostituite dalla realtà…
Si ritrovò a tenere per mano l’ombrello, che con la forza del vento tirava da tutt’altra parte. Avanzò camminando velocemente sotto la pioggia, e gettò l’ombrello per terra (perché ormai era inutile), fino a quando non arrivò al limite che si poneva col bosco. Il prato verde che divideva casa sua dall’anfratto, era così visibile all’occhio che sembrava quasi essere disegnato da qualcuno…Due mondi diversi, legati del confine che li scindeva.
La pioggia le scendeva lungo i capelli biondi, fino a toccare per terra, e in qualche modo accompagnava quel desiderio così strano di voler entrare nella selva.
Era faccia a faccia con quella che era l’altra oscurità e non poté far a meno di indietreggiare davanti a quel bosco così tetro, che sembrava quasi muoversi… Sembrava che le venisse incontro, come per inghiottirla, ma poi ad un passo dal prenderla, si ritirava e aspettava che fosse lei ad entrare.
Perché sempre così succedeva.
Le venne quasi da piangere, perché non riusciva a comandare le sue gambe dall’entrare. Non riusciva a muoversi assolutamente, per via di qualche strana magia o maestria.
Rimase per qualche altra manciata di secondi davanti al bosco, fino a quando decise di non varcare ancora quel limite…
Tornò a casa, e togliendosi il giaccone si avvicinò al fuoco che scoppiettava, per riscaldarsi.
Quella selva avrebbe aspettato.

«Ehi… Ma mi stai ascoltando?», chiese infastidita, girando a sinistra.
Erano quasi dieci minuti che continuava a parlare in modo affannato dei suoi affari, di quanto fosse carino il ragazzo che aveva incontrato il giorno prima e di che tipo di vestito si fosse comprata, verso l’amica che sembrava quasi non curarsi di lei.
Naomi teneva gli occhi fissi sul finestrino, e guardava la strada che scorreva veloce sotto ai suoi piedi. La Corvette dell’amica sembrava sfrecciare e attraversare tutte quelle curve, e quelle case, senza che Naomi se ne accorgesse.
«Sì, ti sto ascoltando…», mormorò Naomi controvoglia..
Megan storse il naso, e poi continuò a parlare, anche se presto si accorse che la mente di Naomi era da tutt’altra parte.
«Ma mi spieghi che hai? E’ tutta la mattina che sembri in pensiero per qualcosa», disse sbuffando.
«Non ho niente. Sono solo un po’ stanca… e nervosa», mentìNaomitirando sul con il naso. Era ancora agitata per quello che era successo la sera prima davanti al bosco, e di quella strana sensazione di portare a termine quel desiderio…
La mattina, quando si era alzata per uscire con l’amica, aveva fissato per un attimo la foresta e quella sensazione si era ripresentata… Ma poi aveva seguito il viale fino alla strada ed era salita in macchina con Meg.
«E’ per le scomparse?», chiese l’altra fermando la macchina nel parcheggio della scuola.
Naomi non se n’era neanche accorta, ma erano arrivate all’università. Così si voltò verso l’amica, chiedendo tranquillamente: «Quali scomparse?».
«Quelle che ci sono state in paese, è ovvio. E’ una settimana che se ne sente parlare da per tutto, e tu non ne sai niente?».
«Veramente no», disse secco Naomi. «Neanche i miei me ne hanno parlato. Chi è scomparso?».
«Sono spariti dei ragazzi a quanto pare… Uno di loro era anche il figlio del sindaco. Gary… Gary qualcosa…», rispose Megan gesticolando con le mani per ricordare il cognome del ragazzo.
«Per caso è Gary Burton?».
«Bingo! Gary Burton… Figlio di Sandy Burton e fratello di Amber Burton», disse Megan che nel frattempo aveva iniziato ad assumere un vago sorrisino interessato. «Si dice in giro che la famiglia stia andando in frantumi per questo fatto».
A Naomi non piaceva affatto sparlare, o sapere troppo di tutto. Non le piaceva chiunque parlasse degli affari altrui, ma quella vicenda che le sembrava del tutto anonima, stranamente la interessava. Voleva saperne di più, e Megan era la persona adatta per quel genere di cose…
Solitamente lei sapeva sempre tutto… e sparlava di tutto.
«Beh, ci credo. Se a me scomparisse un figlio sarebbe comprensibile da parte mia avercela con tutti, e in questi casi spesso si da la colpa alle persone più vicine. Non mi meraviglierei se il signor Burton si sentisse arrabbiato con la moglie, o con la figlia…», disse Naomi afferrando la borsa, e mettendosela sulle spalle.
«No, certo. Però certe cose in città non sono gradite… Molti hanno votato lui per quello che rappresentava e di certo non farebbe piacere sapere che non è più il rappresentante della bella famiglia unita».
«Già», rispose Naomi roteando gli occhi «Odio questa gente».
Scesero dalla macchina e tranquillamente si avviarono verso l’università, dove dovevano passare per richiedere informazioni sulle date dell’esame.
Entrando in segreteria si ritrovarono davanti Amber, che stava appendendo dei piccoli cartelli davanti alla porta.
Le ragazze si avvicinarono a lei, guardandosi prima negli occhi se era meglio avvicinarla, oppure no. Ma poi Megan decise di parlarle…
«Ciao Amber», mormorò vedendola di spalle.
La ragazza voltandosi, mise in mostra gli occhi scavati dalle occhiaie e l’aspetto mal ridotto di qualcuno che non si curava da tempo. I capelli castani lunghi, che solitamente sfoggiava erano raccolti in una coda, e i vestiti che portava addosso erano del tutto pratici e poco sensuali.
Era molto più pallida e sul suo viso non c’era traccia del trucco. Era anche molto più magra, probabilmente per lo stress di quegli ultimi giorni. Sembrava completamente un’altra persona, del tutto diversa dalla Amber che conoscevano.
«Ehi, ciao Meg…», disse lei alzando una mano.
In quel momento si accorse anche di Naomi, e salutò anche lei con un sorriso poco convinto.
Strano, perché da come Naomi sapeva, lei la odiava. Amber era sempre stata la ragazza più affascinante e magnetica della scuola… nonché la prima a ritenersi superiore alle altre, a parlare dietro, a cercare di dividere gli amici.
Si trovava a quell’università da due anni ormai, e per due anni l’aveva sempre vista come una sorta di minaccia. Ma guardarla in quello stato, le fece dimenticare i tempi passati, e decise anche lei di sorriderle. Si rimproverò per un secondo, per aver avuto pena di lei e non compassione…
«Come stai?», chiese Megan quasi meccanicamente.
«Si va avanti. E’ tutta la notte che appendo questi manifesti», rispose indicando lentamente con un dito il cartello che c’era attaccato alla porta.
Naomi riuscì a scorgere la foto di Gary, da dietro i capelli di Amber. Era una delle tante foto che si mettevano nell’album scolastico, di quelle con lo sfondo bianco.
Gary era lì, e sorrideva all’obiettivo. Era un bel ragazzo, con gli occhi neri, e i capelli altrettanto scuri. La carnagione olivastra, e mentre sorrideva, in lui, si poteva scorgere anche la sagoma di sua sorella. Dopotutto, erano gemelli…
«Ti servirebbe un aiuto?», chiese Naomi, entrando nella discussione.
«Sei molto gentile Naomi… Mi farebbe molto piacere sinceramente», disse lentamente con un vago sorriso. Divise a metà la pila di manifesti che aveva in mano, e glieli donò.
«Ti va un caffè? Magari ci sediamo da qualche parte e parliamo tranquille», propose Megan vedendola così stanca.
«Grazie, anche tu sei molto gentile. Ma ora proprio non posso. Fra…», disse guardandosi l’orologio al polso. «Quindici minuti mio padre sarà a casa, e andremo ad appenderne altri in giro per la città»
«Ah», disse secco Naomi. «Allora ci vediamo… Spero che ritroverai tuo fratello», mormorò accennando un sorriso.
«Anche io. Ci vediamo».
E si allontanò con fare lento dalla segreteria. Megan e Naomi la videro scendere le scali dell’università, per poi svoltare a destra verso la città… Fino a sparire dietro l’angolo.
«Chissà dove è finito Gary», disse Megan entrando nella segreteria.
«Non lo so… Ovunque sia spero solo che stia bene, e che tornerà presto», mormorò Naomi. «Quando succedono queste cose è orribile…»
La segreteria era una piccola stanza isolata dall’intera università, e poche persone passavano di lì. Magari per chiedere qualche informazione, o per parlare con Lisa, la donna che lavorava in quel posto.
Ricevettero la data dell’esame, e poi tornarono in macchina.
«Sto odiando l’università con tutta me stessa», disse sbuffando Megan. «Mezz’ora per avere due diavolo di date».
«Figurati… Ci sono posti dove devi direttamente rimanere lì a dormire per avere qualche informazione», mormorò Naomi, poco presa dal discorso.
Aveva riiniziato a fissare il finestrino sporco della Corvette bianca, che dava sull’altro lato della strada, anch’esso ricoperto dai volantini che recitavano in coro: “GARY BURTON – 22 ANNI”.
Provò una tale pena nel vedere quei piccoli ritagli di carta con la foto del ragazzo, che si voltò verso Megan.
«Oggi che fai? Studi?», chiese lei vagamente, riaccendendo il motore che partì speditamente.
«Non lo so, anche se ho milioni di cose da fare. Pensò chiamerò i miei, e poi passerò in qualche modo il tempo».
«Sono andati a Manchester vero?», domandò quasi sottovoce. Vide che l’amica all’altro posto aveva annuito e così continuò a parlare: «A Manchester ci abita mio cugino Rudolph… Ci sono certi tipacci. Ogni settimana me ne racconta una».
«I miei sono andati ad una riunione. Non penso gireranno per la città...», mormorò Naomi, cercando di chiudere il discorso, e sperando che l’altra non continuasse a parlare.
Per sua fortuna non lo fece, e così si gustò tutto il viaggio fino a casa in modo tranquillo. Scese della Corvette bianca e salutò Megan con la mano da fuori il finestrino, e camminò per il viale che l’avrebbe portata al cancello di casa.
La macchina dell’amica si allontanava alzando il fango del giorno precedente, e Naomi arrivò all’entrata di casa. Aprì la porta, facendo scattare nuovamente la chiave, e si ritrovò in salotto.
Il caminetto era spento, e la fragranza alla lavanda del giorno prima era praticamente sparita del tutto. Quell’odore, come al solito, venne sostituito da un altro, meno gradito…
L’odore del gas era così forte e sgradevole, che le punzecchiò la punta del naso, costringendola a coprirsi la bocca con il giacchetto.
Si avvicinò imprecando al fornello, lo richiuse meccanicamente e decise di aprire le finestre (nonostante facesse freddo), per ossigenare la stanza.
Il piccolo neon del telefono che era poggiato sul davanzale della finestra lampeggiava, e Naomi capì che aveva qualche messaggio in segreteria. Lo prese, e digitò il tasto grande al centro. Una voce preregistrata le disse: «Hai-due-nuovi-messaggi».
Si prese una pausa e poi continuò. «Primo-messaggio: Naomi, sono Fred! Ho finito dieci minuti fa l’ultimo capitolo». Una voce calda e squillante usciva ora dall’altoparlante del telefono, ed era sicuramente di un ragazzo giovane. «Non so veramente come dirtelo… Ma è una bomba! E’ stupendo, ben scritto, ben fatto, e la storia… La storia mi ha rapito», in sottofondo si sentì una voce femminile e poi lui aggiunse velocemente, con l’aria di qualcuno che voleva sbrigarsi: «Naomi ora devo andare. Ti riporto tutto domani penso, così discutiamo un po’ sul libro. A domani, buona serata».
Sul viso di Naomi si scandì un sorriso leggero, sentendosi per un attimo fiera di quello che aveva fatto. Si appoggiò con il gomito sul tavolo del tavolo e pensò per un secondo a quello che Fred le aveva detto…
Lei era una scrittrice, anche se non si sarebbe definita mai in quel modo. Avrebbe risposto in modo tranquillo, a chiunque le avesse chiesto se fosse una scrittrice, che amava l’arte, e che cercava di fare arte, senza riuscirci il più delle volte (secondo lei).
Ma quando scriveva, lei si sentiva libera. Era l’unico modo che aveva di evadere per il momento… Una penna in mano, una tastiera, uno schermo e un foglio bianco e tutti i problemi sembravano essere scomparsi nel nulla, per magia. Magia, quella che voleva nella sua vita, come nei suoi libri.
Aveva da poco scritto il suo ultimo capitolo, e l’aveva subito consegnato a Fred, il suo migliore amico.
Premette nuovamente il tasto centrale del telefono, e la voce parlò di nuovo: «Secondo messaggio: Naomi, ciao. Ci sei? Vabbè, pare di no… Comunque, mamma mi ha detto di dirti che l’hotel nel quale stiamo è il Road House, sulla Maxington Street… Numero 13 mi pare. Credo voglia che tu la chiami più tardi, verso sera», disse Jesse tranquillamente «perché papà ha una conferenza alle otto. Ci sentiamo più tardi… Mi manchi», e la chiamata terminò.

«E’ agghiacciante quello che è successo, ma io ancora non ci credo. Anche perché alcune volte lei me ne parlava, ma poi non ci davo molto peso. Mi raccontava che le serviva qualcuno in grado di aiutarla, ma io non me ne sono curata…e ora è chissà dove», diceva disperandosi una ragazza sulla schermata del computer.
Naomi era sdraiata sul letto, con il computer sul ventre, mentre girovagava per i vari siti, o sui vari video. Voleva saperne di più, e non aveva avuto tempo di fermarsi per comprare un giornale…
La ragazza sui venti anni, aveva i capelli rossi, la faccia paonazza e le guance rigate da due solchi di lacrime.
«E gli inquirenti? Sono su qualche pista?», chiese il giornalista che stava intervistando la ragazza, con fare interessato.
«Eh, purtroppo gli inquirenti non ci dicono molto. Noi delle famiglie siamo gli ultimi ad avere le notizie… Ci crede se le dico che una madre di Londra ha scoperto dalla televisione, che suo figlio era scomparso qui?».
«Certamente. La signora Fanning se non sbaglio…Comunque, lei sarebbe in grado di raccontarci di più sulla scomparsa di sua sorella?», domandò l’uomo sulla quarantina, con il microfono in mano.
Naomi si avvicinò sempre di più allo schermo, sospirando in modo affannato. Divenne sempre più curiosa ed interessata alla discussione…Soprattutto perché erano ragazzi che in qualche modo conosceva.
«Mia sorella era a casa», disse la ragazza annuendo. «La porta e le finestre erano sbarrate dall’interno, e nessuno l’ha vista uscire dal pazzo dove abitava».
«Neanche il portinaio?», sbottò il giornalista.
«Neanche il portinaio», affermò lei. «E’ scomparsa in casa, oppure ha usato un’altra uscita… Ma ancora nessuno l’ha trovata, anche perché abitava al quinto piano, e scappare dal balcone mi sembrava un po’ difficile»
Il giornalista si fermò un secondo, appassionato da quell’enigma che sembrava non essere vicino alla soluzione.
«Un vero mistero insomma… Comunque vada, buona fortuna per le ricerche, signorina Wilfred. Speriamo che sua sorella venga ritrovata presto», disse rivolgendosi alla telecamera. «Come tutti gli altri ragazzi ovviamente».
«Speriamo bene», mormorò la sorella della ragazza scomparsa salutando la telecamera con un sorriso cupo e triste, prima che il video finisse.
Naomi sospirò davanti allo schermo, e una strana sensazione la scosse nuovamente. Iniziò ad agitarsi, e poi ad avere paura.
Non aveva dato molto credito a quello che le aveva detto Megan, ma dopo aver visto il viso sconvolto di Amber, e quel video, cominciò a preoccuparsi seriamente per quei poveri ragazzi.
Capitava raramente che dei giovani scomparissero nel nulla, senza un apparente motivo, e succedeva ancora più raramente che qualcuno scomparisse in quelle circostanze. Se tutto quello che la ragazza del video aveva detto era vero, e non c’erano altre uscite… era come se sua sorella fosse svanita nel nulla, come del fumo, o della polvere.
Naomi scansò quei brutti pensieri e si dedicò al letto, che era così comodo e dolce dopo la giornata stressante che aveva avuto.Non le importava di essere ancora vestita, e abbracciò il cuscino, stringendolo e coccolandolo, come se fosse una persona reale.
Prese, stranamente, sonno in modo alquanto veloce, e ben presto iniziò a rotolare fra le lenzuola e le coperte... Iniziò anche a sognare e tutti i problemi che aveva avuto nella giornata sembravano quasi essere spariti.
Si trovava in un campo, e indossava un bellissimo vestito, anche se solo dopo qualche secondo che si adocchiava notò che non era affatto qualcosa da sfoggiare… Lei era nuda, e nel campo sul quale camminava, le foglie secche si erano librate a mezz’aria e la coprivano interamente, ruotandole attorno.
Si mosse lentamente, perché solo così poteva fare, e si accorse anche che c’era qualcosa oltre le giostre nel giardino, che non si muovevano più per il vento.
Una figura scura era appoggiata ad un albero, e sembrava indicarle di avvicinarsi, anche se Naomi non capiva bene cosa volesse dirle. Fece qualche passo, ma poi la figura mutò…
Un essere mostruoso si era alzato in aria, ed era così poco comprensibile per gli occhi di Naomi che assomigliava più ad un’ombra. Dubitò per qualche secondo, fino a quando non ricadde come una scossa elettrica su di Naomi, e la colpì al petto, entrando in lei.

Solo in quel momento, lei si svegliò, continuando a dormire. Le sue gambe non erano controllate da lei, e così si alzò dal letto. Gli occhi, vedevano solo uno debole strato di nebbia bianca.
Scese le scale, gradino dopo gradino, sino ad arrivare davanti al salotto.
Uscendo fuori, richiuse a chiave la porta con un solo gesto della mano e si ritrovò nel giardino.
L’erba gelata, era ricoperta delle foglie dell’alloro, che sembrava freddo e fermo, come fosse morto…
Arrivò davanti al bosco, senza essere in sè, rimanendo per qualche secondo davanti a quell’oscurità così profonda.
Il suo respiro diventò affannato, e solo in quell’istante si rese conto di avere dentro di sé, qualcuno che voleva che lei entrasse…
Decise di andare avanti, e il suo corpo si mosse, entrando nel bosco. Ma qualcuno, per lei, aveva già deciso da tempo la sua fine.
Fece qualche passo sulla terra fresca, e i rami e le foglie, richiusero l’entrata di quella Selva così oscura.

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+_Nahash_+
Posted on 1/4/2011, 12:21     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




ma io questo lo avevo già letto me lo avevi passato su msn XD
Bravo Mer U__U
 
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Posted on 1/4/2011, 12:24     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png
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Ah sì? Non ricordo di avertelo passato... Al massimo ti ho passato solo questo però: non gli altri capitoli.
Grazie comunque. **
 
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3 replies since 31/3/2011, 16:49   72 views
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