| Orpheo Ranieri
“Volevo restare un po’ da solo per pensare e tu lo sai
Ed ho sentito nel silenzio una voce dentro me”
(Massimo Ranieri, la voce nel silenzio)
Una stanza fatta di specchi sembra un po’ un paradosso per chi è osceno.
La vanità purtroppo acceca e non consente alla mia anima di mettere tregua a questo ostentare vetri riflettenti.
Non è che un modo per ricordare a me stesso questo aspetto ripugnante.
Fuggo e allo stesso tempo mi smaschero da solo.
Triste vita per un pagliaccio.
Di giorno brillante avvocato, mentre dentro brucia un cuore ferito e la notte divento un giullare mascherato con magnifici cosmetici.
Polveri bianche,esotiche che coprono il volto perfettamente costruiscono pezzo per pezzo, lembo per lembo, una ricostruzione perfettamente decadente di un uomo che non accetta la sua natura.
Un principe? Il principe del peccato avvolto in un oscuro manto di sensazioni controverse.
Depravazione profonda.
Sembra che mi abbiano battezzato malamente e che esso sia la firma per la mia maledizione.
Battesimo che su questa creatura si rivolta disgustato da tutto ciò.
Quante volte ho tentato di graffiare il mio volto,sempre davanti ad un dannato specchio.
Che io veda la mia anima attraverso lo specchio?
Non sono mai riuscito a farlo… mi fermavo sempre a qualche centimetro dal volto.
Triste riecheggiavo silenziosamente incapace del nulla e sostenitore del tutto.
Perché il mio aspetto è così singolare? Mostra fattezze soprannaturali quasi fossi un mostro provenuto da chissà quale malefico regno.
Potrò mai essere paragonato a un fiore? E se si a quale? Un crisantemo ?
Rosso, scarlatto come i miei orribili capelli.
Ho tentato di strapparli, ma loro sono li cattivi che non vogliono andarsene e rimangono così attaccati malignamente come le radici un albero secolare che non si riesce a staccare.
Immondo, Immondo,.. lo grido da solo o è l’eco della mia testa?
Questa mani? Sgorga sangue da queste mani, così esili ed efebiche, mani malvagie mani orribili.
Il mio mestiere? Come me un cambia bandiera senza fine.
Io che difendo gli assassini mentre un avvocato dovrebbe astenersi dalla crudeltà e difendere la moralità.
Ahahaha pronunciata da me la parola moralità ha un suono così mellifluo e disgustoso.
La mia voce… asessuata, nulla è virile in me mi rassegno al fatto di essere efebico.
La sua mano si muoveva da sola,andò a colpire il pennino nero mentre sul volto disegnava lacrime che non riusciva a far colare.
Un cuore fermo che brucia ma produce gelo.
Dipinse tre lacrime, era il massimo che potesse fare,
Su quella tela solo tre lacrime si potevano versare. Porcellana fatta di pietra ma liscia e levigata.
Bianco, candore di purezza, quella purezza che lo faceva sentire rinnovato seppur brevemente.
Chiudeva gli occhi quando aveva finito di dipingerli, estatico socchiudeva gli occhi accarezzandosi il volto, ora sentendosi bellissimo, come un angelo caduto dal paradiso su vortici di piume incestuose.
Continuava però, l’opera doveva essere completa e spasmodicamente andava tremante a prendere il rossetto.
Scarlatte divennero le labbra come il sangue che immaginava di ingurgitare.
Lui e la sua maschera.
Portava le dita alla bocca sfumandone i lati come a dipingere un sorriso forzato.
Cos’è un sorriso? Non sono sicuro di conoscerlo e se l’ho conosciuto non lo ricordo, e non ricordo come si faccia,
Ammetto però che mi piacerebbe saperlo fare.
Si guardava allo specchio per vedere cosa aveva creato.
I suoi occhi si spalancarono vedendo solo misericordia. Profondi pozzi color zaffiro che vedevano la sua nefandezza apparire alla superficie.
Si accorse che quello che aveva dipinto non era un sorriso ma un maledetto ghigno.
Non sapeva neanche disegnarlo un sorriso, rendendosi così orribile ai suoi stessi occhi.
Le sue mani, grandi andarono doloranti e lente a disfare ciò che lui stesso aveva creato.
Ora il trucco era colata, così si vedeva con i contorni offuscati pensando che il suo essere era irraggiungibile.
Non gli restò che alzarsi e indossare la sua veste con delle maniche a kimono per coprire le sue nudità.
Alzatosi per mera disperazione andò lentamente a stendersi sul proprio letto cosparso di petali di rosa scarlatti.
In mezzo ad essi però c’rano petali candidi di giglio
Vorrei poter essere considerato come un gilio, un fresco e puro fiore di purezza.
Si era creato il suo letto di morte e rose.
Le pareti di specchi lo riprendevano ora bellissimo, ma dormiente non potette notarsi,
Rimarrà sempre un sogno tra i suoi ricordi e nella sua mente.
Lo specchio che mentì nel ritrarlo puro solo al suo addormentarsi,
Le sue risa di derisione potevano sentirsi tra le pareti ma Orpheo era nei suoi sogni,
Anche lo specchio è malvagio
Specchi, specchi delle mie brame potrò mai essere il più puro del reame?
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