La Linea D'Ombra: esoterismo, paranormale e misteri

Psicologia dei Serial Killer

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Lelith
Posted on 6/1/2011, 00:43     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




In questi ultimi vent’anni il fenomeno dell’omicidio seriale ha subito un vertiginoso incremento quantitativo e qualitativo, tanto che l’FBI ritiene di poter stimare tra 50 e 500 i serial killer attualmente in circolazione negli Stati Uniti , valutando attorno alle 3.500 all’anno le loro vittime.
Una tale oscillazione numerica non deriva da facili approssimazioni, ma dall’impossibilità di calcolare l’esatta ampiezza del fenomeno per le obiettive difficoltà insite nel reperimento di informazioni su assassini e vittime.
Colpendo in luoghi e tempi diversi, infatti, gli omicidi seriali sfuggono con estrema facilità all’identificazione tempestiva da parte delle forze di polizia. In Italia, recenti stime fanno risalire a 28 il numero di serial killer individuati in 22 anni, più di uno all’anno, a 125 le loro vittime e 30 gli omicidi rimasti ancora impuniti.
Nelle più recenti statistiche mondiali, relative alle nazioni più colpite da questa forma di criminalità, L’Italia viene collocata al quinto posto dopo Stati Uniti, Germania e Francia, ma negli ultimi tempi la stampa sembra attribuirle addirittura il terzo posto.
Nonostante l’ampiezza di tale fenomeno, fino agli anni Ottanta nel nostro Paese l’idea che si potesse uccidere senza altra motivazione che il denaro o la passione, come avviene per i serial killer, è stata vigorosamente contrastata.
Si riteneva infatti che l’omicidio “per puro piacere” fosse una forma di reato a noi decisamente estranea. Negli ultimi tempi le cose sono cambiate.
Le efferate vicende dei delitti imputati ai vari “mostri” nostrani (di Firenze, Padova, Terrazze, ecc.) hanno talmente colpito l’immaginario collettivo da mutare la percezione di estraneità dell’omicidio seriale finora dominante in Italia.
La parola “mostro”, con tutto ciò che ad essa può ricollegarsi, è stata quella che più ha connotato il cambiamento.

Chiediamoci: perché “ mostro” ?
Il serial Killer, in apparenza, non si distinguono da qualsiasi altro individuo per ciò che concerne abitudini, comportamenti, aspetto.
Molti conducono una vita normale e tale da rendere assai complessa e difficile la loro identificazione e cattura: spesso hanno una casa, una famiglia, una vita sociale rispettabile, un lavoro regolare, tutte caratteristiche che li rendono, a detta di vicini e conoscenti, ”insospettabili”.
In realtà l’approfondimento delle loro storie di vita evidenzia spesso la coincidenza di traumi drammatici, quali abbandoni, maltrattamenti, sevizie ripetute e abusi infantili, eventi che li hanno resi talmente fragili da indurli a provare la più compiuta sensazione di piacere, efficacia personale e stima di sé, solo attraverso l’omicidio ripetuto, in quanto atto che implica il totale controllo della vita altrui e della propria.
Ressler, Burgess e Douglas, tre membri dell’FBI, hanno condotto, nel 1985, un importante studio su 36 serial killer incarcerati, arrivando all’identificazione di alcune caratteristiche salienti.
Gli autori riferiscono che i soggetti da loro studiati erano uomini di etnia bianca (l’84% caucasico, il 16 % nero), con un’età che generalmente non superava i 35 anni, che agivano isolati, per il puro bisogno e piacere di uccidere. Questi individui erano generalmente vissuti in famiglie violente e multiproblematiche, in cui erano stati trascurati o maltrattati dai propri genitori, a livello sia fisico che psicologico.
Come conseguenza del forte senso di frustrazione e rabbia, avevano ben presto manifestato comportamenti estremi, quali torture su animali e piromania, isolamento e condotte antisociali di vaio tipo.
Maestri della menzogna e della manipolazione, questi individui non provano rimorsi o sensi di colpa per i loro reati. Raramente avevano avviato e mantenuto rapporti sentimentali ed accusavano gravi disfunzioni sessuali: il 44% dichiarava di non aver mai avuto rapporti sessuali prima di aver cominciato ad uccidere.
A causa delle loro esperienze infantili, questi omicidi seriali avevano sviluppato un’intensa vita fantasmatica che, con il passare degli anni, era diventata sempre più pressante.
Per lo più si trattava di fantasie monotematiche concernenti violenza, aggressioni, dominio sugli altri, alimentare da un morboso interesse per la pornografia e per i comportamenti sessuali sadici.
Elemento comune agli assassini seriali è un alto quoziente intellettivo. Già negli anni Cinquanta il test Staford-Binet rivelava, in questi individui, valori decisamente superiori alla media. Noti serial killer americani, come Bundy, Gacy e Kemper hanno registrato un Q.I., rispettivamente, di 124, 118 e 136, mentre quello della popolazione normale e non criminale, come è noto, rimane prossimo al 100.
Anche Ressler, Burgess e Douglas hanno riportato, per alcuni dei loro soggetti, un quoziente intellettivo che si avvicina a 110 di media, laddove quello dei delinquenti comuni generalmente non supera il 93. Ma, nonostante questa particolare dotazione intellettiva, i profitti scolastici di queste persone erano stati complessivamente scarsi, così come era stata mediocre la loro vita professionale e relazionale.
Nella maggioranza dei casi, l’omicida seriale arresta la sua furia omicida solo se viene ucciso o catturato. Capita anche che si costituisca di propria iniziativa. Una volta in carcere, confessa spesso in modo spontaneo, a volte anche esagerando l’efferatezza dei propri delitti o attribuendosi un numero di reati superiore a quelli realmente compiuti.
Le ragioni di tale comportamento possono essere ricercate nella volontà di aumentare il proprio perverso prestigio e attrarre l’interesse dei media o, più strumentalmente, ritardare i tempi del processo confessando, un po’ per volta, i nomi di nuove vittime.
I serial killer sono prevalentemente di genere maschile (ma non sempre).
Le loro vittime sono quasi sempre persone estranee, vengono scelte prevalentemente per il sesso (nel 65% dei casi sono donne), per la professione (soprattutto prostitute), per l’età (bambini), o per altri elementi che rivestono un’inconscia importanza psicologica per l’omicida. Ciò non significa che il delitto avvenga al di fuori della consapevolezza e che lo stimolo omicida non sia cosciente.
Tutt’altro: l’assassino seriale agisce sempre in modo determinato, spesso lucido, quasi sempre seleziona preventivamente la vittima, sovente dispone di una buona capacità organizzativa e di autocontrollo (non a caso la sua cattura è sempre molto difficile).
Infine, le sue motivazioni ad uccidere non sono quasi mai conseguenza di un evento specifico e contestualizzato (ad esempio, un fallimento economico o altro), ma prevalentemente collegate a fantasie sadiche.


-Omicidio o assassinio?
I termini “omicidio” e “assassinio” possono essere usati indifferentemente. L’omicidio è un’uccisione, contraria alla legge, di un altro essere umano. Gli animali non commettono omicidio; soltanto gli esseri umani possono farlo. Il dott. Gorge Rusch, un eminente criminologo californiano (1997), definisce l’assassinio semplicemente come ”un’ uccisione illegale”. La parola chiave di questa definizione è illegale.

-Gradi di omicidio
Gli assassini sono spesso imputati di omicidio di primo grado o di secondo grado. Qual è la differenza tra i due termini?
Nell’omicidio di 1°grado, l’uccisione deve essere completata dal criminale prima dell’atto omicida in sé. Si ritiene quindi che l’imputazione di omicidio di primo grado vada riservata a chi a mostrato la capacità di pianificare l’uccisione. Un assassinio di questo tipo, in altre parole, non è un atto spontaneo, bensì premeditato.
L’omicidio di 2°grado contiene invece l’elemento dell’intenzionalità, ma senza premeditazione. Essa può essere di due tipi: esplicita ed implicita.

-Tipi di omicidio plurimo
Vi sono 3 tipi di omicidio plurimo:la strage, lo spree murder e l’omicidio seriale.
Per strage, si intende l’uccisione di tre o più persone in una sola volta, e in unico luogo. Vi sono dunque 3 componenti essenziali riferibili alla definizione. Il primo elemento è di ordine numerico. Il numero di base delle vittime è quello di tre.
La seconda componente è l’unità di tempo. In teoria, l’autore di una strage uccide 3 o più persone in una sola volta e in uno stesso luogo. E ciò significa che la persona commette tre o più assassini nel corso di un unico episodio di violenza. Non è detto, però, che i fatti debbano sempre rispondere a questo schema. Ad esempio, un criminale può accedere a un qualsiasi luogo frequentato, privato o pubblico, ed uccidere due persone; poi tornare in strada, recarsi in un altro punto dove si raccolga della folla e mietere un’altra vittima. L’unità di tempo, in teoria ,verrebbe interrotta. E anche l’azione risulterebbe condotta in luoghi separati. E’ importante notare che vi è una continuità di movimento da un luogo del delitto a quello successivo, senza che vi sia una significativa battuta d’arresto tra i 2 episodi.
Il reato di strage, prevede l’esistenza delle tre componenti già descritte: un numero minimo di tre vittime, uccise in una sola occasione e in un unico luogo.
L’omicidio plurimo di almeno tre persone nell’arco di 30 giorni, accompagnato da altri crimini gravi punibili con almeno un anno di reclusione in un carcere di stato (ossia i cosiddetti reati di felony) viene definito in America spree murder. L’atto criminale grave che più frequentemente accompagna l’omicidio è quello della rapina.

Le donne serial killer


Le prove sono incontrovertibili: vi sono serial killer di sesso femminile. Una ragione per la riluttanza generale ad accettare l’idea che le donne possano commettere questo tipo di delitti è data, forse, dal fatto che esse non vengono in genere percepite come capaci di omicidio.
Il focus della ricerca criminologia, principalmente orientata alla criminalità maschile, ha poco considerato l’omicidio seriale commesso da donne.
Pochi sono gli autori che ammettono l’esistenza di donne serial killer poiché, non uccidendo con un esclusivo movente sessuale, non rientrano nelle tipologie più accreditate. Le statistiche più recenti rivelano una percentuale minima di donne serial killer, stimata attorno al 5-10% del totale mondiale dei serial killer. Di queste, il 44% ha agito come complice di un uomo, rendendosi responsabile della morte di un numero di persone, tra uomini, donne e bambini, che va da 261 a 471, con un range di vittime pro capite che include un minimo di 8 ed un massimo di 14. La loro età, un po’ più alta di quella maschile, si estende dai 14 anni ai 54.
Il 32% è costituito da casalinghe e il 18% da infermiere. Solo il 15% aveva già riportato condanne penali al momento della cattura.
Hockey (1991), dopo un’indagine su 34 donne americane pluriomicide, perviene alla seguente definizione di serial killer femminile: << Le donne tendenzialmente non uccidono per scopi sessuali ma, al contrario, a causa di una relazione personale sfortunata: cercano questa tragica via di fuga quando sono vittime di un marito violento e prevaricatore o, in altre circostanze, quando sono state respinte in amore>>. Escludendo la motivazione erotica, che le distingue dai serial killer maschili, rientrano in questa tipologia le cosiddette “vedove nere” e le infermiere.
Le prime sono donne che hanno ucciso i propri mariti per ragioni prevalentemente economiche, mentre le seconde vittimizzano persone sulle quali hanno un controllo, in particolare gli anziani o i bambini. A differenza dei serial killer maschi, dunque, solo 13 delle donne colpisce gli estranei, mentre le vittime designate sono per lo più congiunti o conoscenti.
Quasi senza eccezione le donne sono stanziali.
Contrariamente agli uomini, non viaggiano per grandi estensioni alla ricerca di una vittima, tanto da essere definite “assassine posto-specifiche”.
Un’altra differenza riscontrata tra la donna serial killer e l’uomo riguarda il modo in cui viene uccisa la vittima.
Gli uomini infieriscono sulla vittima con attacchi violenti, che possono configurarsi anche come vere e proprie mutilazioni, mentre le donne, nella maggioranza dei casi, si limitano soltanto ad uccidere.
Holmes ha individuato cinque tipologie di donne serial killer, analoghe ad alcune classificazioni adoperate anche per gli uomini: visionarie, per guadagno, edonistiche,orientate al potere e missionarie.

-Serial killer “allucinata” (visionary)
La maggior parte dei serial killer non è considerata affetta da psicosi: questi criminali si rendono conto che, da un punto di vista legale se non morale, uccidere è sbagliato. Non provano apparentemente sentimenti in merito agli interessi e al benessere degli altri; alla maggior parte di essi potrebbero essere imputati, forse, difetti caratteriali, come ad esempio una personalità antisociale. D’altra parte, vi sono assassini seriali che commettono degli omicidi perché “costretti” a farlo dall’estero. Ad alcuni appaiono infatti visioni che ordinano loro di sterminare tutti gli abitanti della Terra, o almeno -per iniziare- quelli del vicinato. Il criminale rivela un grave distacco dalla realtà. Ciò può essere provato dalle dichiarazioni di questi soggetti, che sostengono di aver parlato a Dio, ad un angelo, a uno spirito, o a Satana stesso. La motivazione è apparentemente esterna alla personalità e deriva dall’apparizione o d un’allucinazione uditiva.

-Killer per tornaconto personale (comfort)

L’assassina seriale che uccide per tornaconto personale è spinta da ragioni materiali, e non da incentivi psicologici. Queste criminali costituiscono il tipo prevalente di serial killer femminile. Non vi sono voci o visioni di Dio o del diavolo che esigono lo sterminio dell’intera umanità. Piuttosto, la killer uccide abitualmente persone di sua conoscenza, e dalla cui morte può ottenere dei vantaggi materiali.

-Killer “edonista” (Hedonistic)
Forse la meno compresa e rappresenta di tutte le serial killer è proprio il tipo “edonista”. Questa criminale ha stabilito una connessione cruciale tra l’omicidio e la gratificazione personale e sessuale.

-Killer orientata al potere e al controllo della vittima (Power seeker)
Il potere è la capacità di influenzare il comportamento degli altri in accordo ai propri desideri. Ma il potere può anche essere definito, nel nostro contesto, come la forma più estrema di dominio esercitata da un individuo su un altro.Si ritiene ad esempio che Jane Toppan, un’infermiera, abbia ucciso tra le 70 e le 100 persone. Dichiarò con orgoglio di essersi fatta beffe delle autorità, “dei medici stupidi e dei parenti ignoranti”. Aggiunse la donna: “Di questo vado fiera: di aver ucciso più persone- più persone prive di aiuto- di quanto abbia fatto qualsiasi altro uomo o donna al mondo.”

-Killer per “discepolo” (Disciple)
Per finire, alcune donne uccidono quando vengono a trovarsi sotto l’influsso di un leader carismatico. In questo caso, gli incentivi sono di ordine psicologico: il riconoscimento personale della donna da parte del suo “idolo”. Alla scelta delle vittime provvede in genere il leader maschile: l’omicidio, quindi, rifletterà più i desideri di quest’ultimo che quelli di quanti commettono materialmente l’atto.

Tipologie di serial killer

Come avviene per qualsiasi tipo di comportamento umano, sono possibili delle eccezioni, e forse nessun omicida, nella sua singolarità, rientrerà a pieno titolo in uno di questi tipi senza possedere anche qualche tratto distintivo o caratteristica propria di un altro tipo. Le classificazioni proposte dagli esperti sono varie e si distinguono l’una dall’altra sulla base dei criteri di differenziazione prescelti.
Le più diffuse fanno riferimento:
1. alla dinamica comportamentale
2. al tipo
3. al presunto disturbo mentale
4. al grado di mobilità e, infine,
5. al Crime classification manual
1. La classificazione (di stampo poliziesco-investigativo) basata sulla dinamica comportamentale è stata realizzata da Ressler, Burgess e Douglas (1985) allo scopo di migliorare l’efficacia e la rapidità delle indagini e ridurre i tempi di cattura degli assassini seriali. I tre autori hanno introdotto la distinzione tra comportamento”organizzato” e “disorganizzato”.
Secondo questa distinzione, il serial killer organizzato è di solito, uno psicopatico incurabile, molto astuto, con ottime capacità organizzative e di pianificazione, che conduce una vita apparentemente normale e ama sfidare le autorità inviando messaggi denigratori. E’ capace di intendere e di volere, pur presentando disturbi della personalità e di carattere sessuale.
Il serial killer disorganizzato, al contrario, è solitamente uno psicotico, meno esperto e intelligente del tipo organizzato, che può commettere più errori. Spesso uccide in preda ad allucinazioni e il luogo del delitto, dal quale non è solito rimuovere il cadavere, riflette questo tipo di disordine mentale.
Non sembra preoccupato dall’eventuale cattura: il più delle volte non organizza il crimine, si affida all’impulso del momento e si accanisce sul cadavere.
2. La classificazione (di stampo amministrativo giudiziario) basata sul tipo è stata proposta da Holmes (1988) e comprende quattro tipologie: “visionario”, “missionario”, “edonista”, “orientato al controllo e al potere”.
A) Il “visionario”è il tipo più difficile da comprendere a causa della sua visione psicotica della realtà. Dichiara di uccidere spinto dalla volontà di demoni o spiriti e non per motivazione sessuale. Un esempio prototipico è rappresentato da Joseph Kallinger, che confessò di uccidere al comando di Charlie, un personaggio prodotto dalla sua immaginazione che gli aveva affidato il compito di uccidere l’umanità, in qualunque forma si presentasse. Il guadagno che i visionari ottengono deriva dal piacere di liberarsi dalla pressione del compito assunto. I serial killer visionari, contrariamente agli altri, colpiscono a caso e in maniera indiscriminata in luoghi conosciuti e familiari, non si preoccupano di eliminare tracce dalla scena del delitto, che testimonia ampiamente il loro stato confusionale.
B) Il “missionario” ha come obiettivo l’eliminazione di un particolare gruppo di persone che considera indesiderabili e indegue di vivere assieme agli altri esseri umani. Il più delle volte non manifesta una sindrome psicotica ma, al contrario, si mostra consapevole e intenzionale. Anche in questo caso, la motivazione omicida si ricollega al riconoscimento della società che il serial ha liberato dal male. Le vittime non hanno relazioni personali con l’omicida, ma appartengono a gruppi da lui considerati nocivi per la comunità, sulla base della sua personale etica. Tende ad uccidere velocemente e, in genere, non a scopo sessuale. Le azioni sono pianificate ed organizzate e, solitamente, sulla scena del delitto non sono presenti né prove fisiche (impronte, tracce di sangue), né le armi usate. Il luogo dove deposita il cadavere è spesso a lui molto conosciuto e può coincidere con un posto nel quale, in passato, ha avuto una qualsiasi forma di successo, scelto quindi proprio per il sentimento di invulnerabilità che è in grado di rievocare.
C) L’”edonista” uccide allo scopo di raggiungere il piacere e comprende: il ”thrill seeking killer” (assassino alla ricerca di emozioni), che uccide per l’eccitazione prodotta dall’azione in sé, il ”comfort killer” (assassino per guadagno: spesso si tratta di donne che uccidono per un vantaggio psicologico o materiale), il “lust murder” (assassino per libidine), la cui unica gratificazione sessuale proviene dall’atto omicida.
D) L’”orientato al controllo e al potere”, infine, uccide per motivi legati al bisogno di dominanza e pretende, con la forza, di manipolare il comportamento di un partner subordinato.
3. La classificazione basata sul presunto disturbo mentale suddivide i serial killer in schizofrenici paranoici e sadici sessuali.
I primi, numericamente molto inferiori, sono caratterizzati da un comportamento aggressivo e sospettoso, da allucinazioni, deliri, manie di grandezza o persecuzione, fantasmi religiosi.
I secondi, uccidono e torturano le loro vittime per raggiungere l’eccitazione e il piacere sessuale, generalmente le deumanizzano, considerandole alla stregua di oggetti.
4. La classificazione in base alla mobilità, proposta da Hockey (1991), individua tre subtipologie:“itineranti”,che operano in località molto distanti l’una dall’altra, spesso in Stati diversi, ostacolando così i collegamenti tra i diversi omicidi;
6. Il Crime classification manual, volume redatto da alcuni agenti speciali dell’FBI,contiene, oltre alla classificazione dei crimini violenti, un’accurata disamina della scena del delitto, della psicologia del testimone e dei metodi utilizzati per le investigazioni sul crimine violento. Suddivide i serial killer in relazione al movente, al numero degli attori coinvolti e alle vittime.
L’omicidio seriale in Italia

Il serial killer italiano risiede più frequentemente nel centro – nord. In particolare, sembra agire soprattutto in Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto.
Il fenomeno è ancora assente nelle regioni meridionali. Questa distribuzione topografica potrebbe confermare le ipotesi sociologiche che fanno risalire l’aumento della patologia psichiatrica alle trasformazioni nella qualità e nei ritmi di vita imposti nelle aree più industrializzate del nostro Paese dalla modernizzazione, aree che sembrerebbero avvicinarsi sempre più alle metropoli americane.
Contrariamente ai serial killer americani, però, gli italiani uccidono di meno e con minor efferatezza. Sono decisamente meno frequenti i casi di necrofilia e cannibalismo ed è meno cruenta la dissezione del cadavere. L’82% dei serial killer italiani ha ucciso da due a sei persone ad eccezione della “coppia Ludwing”, imputata di quindici delitti, e del “mostro di Firenze”, che ne realizzò quattordici.
I serial killer americani invece, sono decisamente più letali (Henry Lee Lucas arrivò a uccidere trecento persone). Infine, mentre oltreoceano la vittima potenzialmente può essere chiunque, in Italia la categoria più a rischio e più colpita rimane ancora, come confermano le statistiche, quella delle prostitute.
Ma come è considerato e definito in Italia il fenomeno dell’omicidio seriale?
Al riguardo, dobbiamo dire che da noi sol in tempi recenti è riuscita a farsi strada l’idea che potessero esistere delitti commessi per puro piacere, cioè delitti che non avessero un movente economico, passionale, politico, ecc. questa idea è maturata lentamente, soprattutto dopo le imprese eclatanti di serial killer come quelli di Firenze, Padova, Terrazze, ecc., ed ha seguito, per molti aspetti, un percorso proprio, certamente diverso da quello delineato dalla criminologia internazionale. Da noi, nel corso del tempo, l’attenzione si è sempre più focalizzata soprattutto sulle caratteristiche di “mostruosità” del serial killer, generalmente considerate, almeno in parte, come conseguenti alla sua sottostante “necromania”.
Il primo termine, “mostruosità”, è ormai ampiamente utilizzato per esorcizzare e rendere più comprensibile il fenomeno. Definire “mostro” colui che compie atti così efferati, infatti, consente alla gente di confinarlo nell’area della marginalità, dell’eccezionalità, dell’estraneità rispetto alla vera natura dell’uomo. In tal senso, la mostruosità si origina ogni qual volta viene superato un certo limite, tacitamente definito dalla sensibilità comune. Il secondo termine, “necromania”, è un neologismo che coniuga l’attrazione perversa nei confronti dei cadaveri (“necrofilia”) con l’impulso coatto ad uccidere per puro erotismo.
Va da sé che, mentre il necromane mira solo al piacere fisico prodotto dal delitto, il serial killer, come evidenziano tutte le cronache va oltre. Per lui, uccidere e disporre del cadavere significa anche rafforzare, delitto dopo delitto, il proprio senso di potere e autorealizzazione. Da qui il carattere compulsivo e incontrollabile del comportamento del “mostro”.
Tale mostruosità, nutrita di necromania, è dunque diventata , in Italia, la chiave dominante dell’omicidio seriale.
Questo approccio nostrano al problema, che evidentemente non si allinea alle classificazioni internazionali che ho descritto, ha finito col diventare una costante interpretativa, una “sorta di via Italiana” al discorso sul serial killer.

Teorie sull’omicidio seriale


Spiegare in maniera esaustiva il fenomeno dell’omicidio seriale è un compito semplicemente impossibile. La mente di questo tipo di killer è davvero unica, e così diversa da quella di altri tipi di assassino da rendere inefficace l’impiego di teorie o metodi di spiegazione tradizionali.

-fondamenti biologici
Il cervello umano resta ancora pieno di misteri per gli scienziati. Essi ammettono oggi che il suo potenziale è più elevato di quanto sia mai stato creduto. Non solo gli scienziati non sono in grado di riconoscere l’effettivo totale del cervello, ma ignorano anche in quale modo il funzionamento del cervello (e i comportamenti da esso innescati) possa essere connesso all’omicidio.
• La personalità psicopatica è stata a lungo oggetto di ricerche, non soltanto da parte degli psicologi, ma anche di tutti quanti lavorano nel campo medico. Burgess, Hartman, Ressler, Douglas e McCormick, ad esempio , hanno fatto una scoperta molto interessante. Nei loro campioni, le anormalità rilevate all’elettroencefalogramma in alcuni soggetti scomparivano una volta che questi ultimi raggiungevano una fascia d’età compresa tra i 30 e i 40 anni. Secondo Burgess et al., a quell’età potrebbero essersi verificati alcuni mutamenti nella struttura cerebrale. Quest’ultima avrebbe richiesto un periodo maggiore del normale per svilupparsi, e ciò potrebbe spiegare il comportamento infantile caratteristico dello psicopatico.
• Il trauma cranico ha costituito un altro oggetto di ricerca nell’ambito della prospettiva fisiologica. Ad esempio, Pasternack (1974) riportò che da un progetto di ricerca in cui vennero esaminati dei detenuti omicidi era emerso che ognuno dei soggetti intervistati aveva subito un trauma cranico durante l’adolescenza. Secondo questi studiosi, le lesioni al cervello riportate negli anni dello sviluppo o addirittura al momento della nascita costituirebbero alcuni degli elementi più comunemente presenti nei serial killer.

-fondamenti psicologici

Nelle discipline accademiche della psicologia e della psichiatria la spiegazione predominante del comportamento violento viene fatta risiedere nella personalità psicopatica. Lo psicopatico è un soggetto che presenta determinati tratti comportamentali. Naturalmente lo psicopatico – definito talvolta sociopatico – è un individuo che non impara dalla propria esperienza e che non desidera conformarsi alle regole e alle norme degli altri. Di conseguenza, il soggetto si mette continuamente nei guai, perché non vuole rispettare le regole che riguardano ogni individuo appartenente ad una comunità.. Vi sono poi altre possibili argomentazioni per spiegare le ragioni per le quali un determinato soggetto può diventare un omicida seriale. La personalità sociopatica sembra costituire il genere di soggetto che attrae maggiormente l’attenzione degli studiosi contemporanei alla ricerca di una risposta. Ma non sempre è stato così.
Il campo della psicologia- e del suo studio dei fenomeni criminali- a le sue radici in Sigmund Freud e nella psicoanalisi. La teoria di un equilibrio tra le istanze dell’Es, dell’Io e del Super-io ha avuto ampie ripercussioni sulla gestione del comportamento sociale. Freud riteneva che al Super-io, ossia alla conoscenza sociale dell’individuo, spettasse il controllo del comportamento antisociale. Un Super-io “danneggiato” avrebbe potuto dar luogo a un soggetto antisociale. In un’epoca successiva, teorici come Gallagher (1987) teorizzarono che il comportamento anormale- è talvolta criminale- potesse trarre la sua origine dal conflitto tra l’Es e il Super-io. Un simile conflitto può spesso aver luogo durante l’infanzia, in particolare in occasione dei rapporti tra il bambino e chi se ne occupa. Un assassino seriale raccontò a Ronald Holmes che, da bambino era stato accusato di aver mangiato nottetempo un frutto che il padre voleva conservare per la colazione del mattino successivo. Evidentemente, durante la notte, qualcun altro si era impossessato del frutto, ma il futuro serial killer era stato punito per un “crimine” che non aveva commesso. Hichey (1997) afferma che fatti del genere possano “avere un effetto devastante su un individuo in giovane età”. Certamente l’episodio appena riferito ha avuto un notevole effetto sul nostro serial killer: l’incidente da lui narrato era avvenuto più di 30 anni prima. L’uomo, però, lo ricordava con una tale chiarezza, che esso sembrava come scolpito nella sua mente. L’omicida seriale aggiungeva che forse non sarebbe mai un assassino se un simile episodio non fosse accaduto. Esistono forse dei fattori psicologici che predispongono un individuo a commettere crimini violenti ? Nei suoi studi su soggetti in giovane età, Aichorn (1934) osservava che in determinati giovani si manifestavano comportamenti delinquenziali latenti, che esigevano un’immediata gratificazione. Il giovane delinquente non può posporre la soddisfazione e reagisce spesso con violenza per ottenere una gratificazione immediata.
 
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AlexandraS~
Posted on 6/1/2011, 00:51     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




Non avevo mai pensato a mettere qualcosa di generico, che spiegasse da dove viene il fantomatico mostro seriale.
Ti sto adorando quindi xD
E' molto interessante la parte in cui parli dei vari tipi di assassino seriale: il mio preferito è il visionario. Non si sa precisamente da cosa gli parta e cosa effettivamente abbia, è quasi tutto nella sua mente.
Il post è curatissimo, complimenti per davvero O_O ed è molto interessante.
 
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+_Northern_+
Posted on 6/1/2011, 01:06     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




allucinazioni voci che ordinano... personalità multiple ne so qualcosaXD
 
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Lelith
Posted on 6/1/2011, 01:08     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




Adoro i Serial Killer ** cioè non equivocatemi, sono interessanti e mi piace la psicologia. Alla fine si potrebbe tracciare un profilo psicologico di ognuno di noi e pensare a che tipo di serial killer potreste diventare se foste "malati "U_U
 
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AlexandraS~
Posted on 6/1/2011, 01:22     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




CITAZIONE (+_Northern_+ @ 6/1/2011, 01:13) 
io taccioXD

Tu ci devi sempre illuminare maestro xD

Secondo me gli assassini seriali.... boh non li percepisco come topolini in gabbia da studiare: cioè ognuno ha le proprie ragioni per fare quello che ha fatto, follia, disturbi, semplice cattiveria, strategia.
Mi sarebbe piaciuto instaurare quel rapporto di sfida tra killer e investigatore: volevo e continuo a desiderare di poter diventare criminal profiler.
Ma invece mi ritrovo a fare protesta contro lo stato italiano che mi scippa il futuro, addio quantico xDDD
 
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+_Northern_+
Posted on 6/1/2011, 13:13     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




io potrei fare scuola su questo si....ma qualcuno nella testolina quando legge queste cose mi fa avere qualche piccolo problemino.
Comunque visto che io non sono come Dio che mi domandi e non rispondo.
Chiedi e ti sarà dato XD
 
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Akira_Neko
Posted on 6/1/2011, 19:36     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




Interessante.Se fossi un Serial Killer sarei un missionario ( in riferimento a "cosa sarei se fossi malata" XD )
 
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AlexandraS~
Posted on 6/1/2011, 23:48     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




CITAZIONE (+_Northern_+ @ 6/1/2011, 13:13) 
Comunque visto che io non sono come Dio che mi domandi e non rispondo.
Chiedi e ti sarà dato XD

Tu sei il mio di Dio xD
 
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8 replies since 6/1/2011, 00:43   391 views
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