La Linea D'Ombra: esoterismo, paranormale e misteri

Le sette cotiche

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Posted on 28/12/2010, 19:38     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




SPOILER (click to view)
Essendo una leggenda romana qualche parola è scritta in dialetto se non capite basta chiedere a me



C'era una volta una madre povera povera che oltre tutto aveva pure una figlia che era pigra, sfaticata e ghiotta. La madre, povera disgraziata, si adattava a fare i lavori più umili e faticosi, ma la figlia, con una scusa o con l'altra, finiva sempre per non fare un bel niente. Un giorno la madre aveva rimediato sette cotiche di maiale, le aveva preparate per benino e le aveva messe a cuocere nel tegame con un poco di pomodoro, cipolla, prezzemolo, sale e pepe. Chiamò la figlia che si chiamava Lucrezia e le disse: «Esco un momento per vedere se rimedio due fette di pane da mangiare con le cotiche...».

«Eh!», sospirò Lucrezia, «ci vorrebbero i fagioli...».

«Lo so, figlia mia, lo so, ma è grasso che cola se rimedio due croste di pane secco. Tu, intanto, bada alle cotiche e rigirale ogni tanto per non farle attaccare al tegame.»

«Sta tranquilla, mamma, ci penso io», promise Lucrezia. E infatti ci pensò a dovere perché assaggiò la prima cotica per vedere se andava bene il sale, la seconda per vedere se andava bene il pepe, la terza per la cipolla, la quarta per il pomodoro e la quinta per il prezzemolo. Poi, dato che ne erano rimaste solo due, si mangiò pure quelle e chi s'è visto s'è visto...

Dopo dieci minuti arrivò la madre con due croste di pane. Scoperchiò il tegame e si accorse del misfatto. Allora non ci vide più e cominciò a rincorrere la figlia brandendo la scopa. Lucrezia corse fuori di casa mentre la madre la inseguiva gridando: «Tutte e sette in dieci minuti! Tutte e sette in dieci minuti...». Ogni tanto tirava una scopata e strillava sempre, con gli occhi di fuori: «Tutte e sette in dieci minuti...».

Mentre la madre aveva finalmente acchiappata la figlia e la prendeva a scopate, passò di lì un mercante di campagna con un bel cavallo morello, i finimenti di cuoio lucido, le bisacce piene e un cappello con le penne. Nel sentire che la madre gridava «Tutte e sette in dieci minuti...», e pestava la figlia con la scopa, il mercante scese da cavallo e chiese che diavolo fosse successo.

La madre allora si calmò: «Ehm... Ecco, vedete, dunque, mia figlia, Lucrezia, è vero... ha filato tutte e sette le canestre di lana in dieci minuti...»

«E voi la picchiate per questo?...», disse il mercante sbalordito.

«Eh, sì, certo», disse la madre. «Perché dovete sapere che Lucrezia è delicata e, se si stanca troppo, va a finire che si sente male...»

«Ah! Ho capito», fece il mercante e aggiunse, guardando Lucrezia che, anche se pigra e ghiotta, era una gran bella ragazza: «Signorina, veramente siete così abile?».

«Certo», aggiunse Lucrezia facendo un inchino, e abbassò gli occhi con finta modestia. Intanto la madre era corsa a prendere un bicchiere di vino e l'offrì al mercante che si stava interessando a Lucrezia sempre di più.

«Sentite, buona donna, vostra figlia è fidanzata?»

«Ancora no, perché non ha trovato per ora nessuno degno di lei. Gli uomini sono tutti vagabondi, bugiardi, sfaticati e pomicioni, Lucrezia invece, la mia bambina è onesta, laboriosa, svelta, silenziosa, affettuosa e mangia quanto un uccellino», disse la madre lanciando un'occhiataccia a Lucrezia che però sorrise facendo una smorfietta deliziosa al mercante.

Allora il mercante cominciò a enumerare i suoi beni, la vigna, i cavalli, le case in campagna e in paese e un mucchio di altre ricchezze. Alla fine chiese la mano di Lucrezia che gli fu concessa, a patto che lasciasse alla madre inconsolabile cinquecento scudi. Con tutto ciò la madre continuava a dire: «Ah! Figlia mia! Come farò senza di te. Tutte e sette in dieci minuti. Tutte e sette in dieci minuti... Eh! Chi altro sarebbe capace...».

Il mercante, sempre più contento, si guardava beato la ragazza, poi disse alla madre: «Adesso vado al mercato, quando ripasso facciamo il contratto, prendo Lucrezia e me la porto via».

Così restarono e sembravano tutti soddisfatti.

Il mercante ritornò, issò sul cavallo Lucrezia che si era intanto vestita a festa e arrivò al paese cantando gli stornelli a gola spiegata:

Vada a Marino chi vo' le cipolle
Va a La Rocca chi vo' le castagne
Ma vada a Roma chi vo' 'na bella moglie
Quando sei nata tu nacque un giardino
L'odore se sentiva de lontano
De rose, de viole e gelsomino.
Alla Renella,
più cresce er fiume e più legna viè a galla
più t'ammiro e più me pari bella...

La madre del mercante però non era molto convinta del matrimonio: guardò Lucrezia e disse: «Sì, sarà carina ma ha l'aria di una sfaticata...».

«Vedrai, vedrai», disse il mercante. Infatti dopo tre giorni il mercante chiamò Lucrezia e le disse: «Io devo partire per la fiera e starò fuori quindici giorni. Ora ti mostro la dispensa, la cantina, il mulino, così potrai prendere tutto quello che ti occorre. Intanto puoi filare quel quintale di lana che sta nel ripostiglio».

«Un quintale?!», disse Lucrezia sbarrando gli occhi.

«Beh! Ma se ne hai filate sette canestre in dieci minuti...», aggiunse il mercante.

«Infatti», disse svelta Lucrezia, «mi pareva poco, mi pareva...»

Il mercante, tranquillo, baciò la moglie e partì.

Lucrezia si sbracò in poltrona e non si preoccupò nemmeno di cucinare. Quando aveva fame andava nella dispensa, mangiava un salame o del cacio, affettava il prosciutto, si beveva una bottiglia di vino buono e si faceva un bel pisolino. Dopo un po' di giorni venne la suocera e vide che in casa tirava un'aria di gran pigrizia, ricordò a Lucrezia che il marito sarebbe ritornato ben presto.

«Voi pensate a voi che io penso a me», rispose Lucrezia e appena la suocera uscì si rimise a dormire. Ma il giorno prima dell'arrivo del marito, Lucrezia si spaventò davvero. Prese una montagna di lana e si mise fuori dalla porta di casa a tentare di filare. Ma era un disastro: la lana volava da tutte le parti, il fuso si inceppava, la conocchia girava mezza storta: era una scena comica.

Ecco che di lì passarono tre maghe: una guercia, una zoppa, e una con la testa storta a sinistra perché un osso di pollo le era rimasto per traverso. Videro Lucrezia tutta avvolta nei fiocchi di lana che si agitava come una matta e malediceva sé stessa e tutti in un modo incredibilmente buffo. Le tre maghe scoppiarono a ridere. La prima rise tanto che l'occhio le si raddrizzò, la seconda rise tanto e poi tanto che si mise a saltellare e non fu più zoppa e la terza a furia di ridere sputò l'osso che aveva per traverso e che le faceva tenere la testa storta.

«Che avete da ridere? Eh!», disse Lucrezia offesa. «Adesso torna mio marito e mi ammazza di botte e così riderete per bene, dopo che sarò crepata... Mannaggia e mannaggia...»

Ma le tre streghe dissero tra i convulsi di risa: «No! No! Non temere! Tu ci hai guarito e noi ti aiuteremo».

Detto fatto si misero a filare e con l'aiuto della magia filarono tutta la lana che c'era. Poi dettero una pulitina alla casa e prepararono una bella cenetta.

Rendendosi conto che Lucrezia non aveva speranza di cambiare, le dettero anche un sacco pieno di gusci di noci e le dissero: «Senti, adesso noi dobbiamo andare. Appena senti che arriva tuo marito, ficcati a letto e metti questo sacco con i gusci di noce sotto di te. Quando vedrai tuo marito digli che hai dovuto lavorare così tanto che ti si sono rotte tutte le ossa. Muovi il sacco e lui sentirà lo scricchiolio e si convincerà».

Il mercante arrivò al paese e passò a salutare la madre. Quella appena lo vide gli disse: «Vedrai, vedrai il tuo tesoro di moglie quanto ha lavorato!». Il mercante andò a casa, chiamò e Lucrezia dalla stanza da letto gli rispose con un filo di voce. Intanto il mercante vide tutta la lana filata, la casa pulita e la cena pronta. «Moglie mia adorata, dove sei?»

«Sono qui, a letto.»

«Oh! Tu hai lavorato tantissimo», disse il marito. Si chinò su di lei e sentì fare cre-cre.

«Sì», disse Lucrezia, «ma mi sono slogata tutte le ossa, senti!» e il sacco fece di nuovo cre-cre.

«Oh! Tesoro mio, bella mia, delizia mia! Ma non dovevi strapazzarti così. Lo diceva pure tua madre.»

«Tu me lo avevi chiesto», disse Lucrezia con una vocetta da santa e muovendo i gusci di noce che fecero ancora cre-cre.

«Ah! Moglie mia! Ti giuro che non ti farò lavorare più. Prenderò una cameriera, una cuoca, e una sguattera e tu d'ora in poi non farai niente, solo sarai gentile con me!!»



Er lunedì me persi la conocchia
Er martedì nu' la potei trovà
Er mercordì l'aritrovai rotta
Giovedì la portai a raccommodà
Er venerdì c'accommodai la stoppa
Er sabbito me pettinai la testa
La domenica nu' lavorai ch'è festa!
 
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Posted on 28/12/2010, 19:46     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png
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Aahhaaha, è carinissima. XD
 
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