La Linea D'Ombra: esoterismo, paranormale e misteri

Culto di Dioniso.

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Posted on 26/9/2010, 16:54     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




Culti dionisiaci o Misteri dionisiaci. Con riferimento al Dioniso, dio dell'uva e del vino, nacquero tali culti misterici, che rientrano nell' ambito della religiosità greca, anche se il culto ha origini traciche.
Il mito di Dioniso è uno dei più ricchi e complessi: secondo una narrazione era figlio di Semele e di Zeus, nato dalle ceneri della madre e portato sull'Olimpo da Zeus. Qui la gelosia di Era, moglie di Zeus, lo fece impazzire e da allora peregrinò nelle regioni dell'Africa e dell'Asia, seguito da satiri e menadi. In questo girovagare incontrò Arianna, abbandonata da Teseo, la sposò e ottenne per lei l'immortalità da Zeus. Infine giunse in Frigia dove la dea Cibele lo iniziò ai misteri.
Secondo un altro racconto, invece, Era, gelosa, incaricò i Titani di ucciderlo e, benché Dioniso si fosse tramutato in toro, quelli portarono a termine l'impresa, concludendola anche con un macabro pasto, ma alcuni resti furono raccolti da Apollo che li pose nel suo tempio a Delfi. Defunto, Dioniso scese agli inferi in cerca della madre Semele, la ricondusse sulla terra e poi sull'Olimpo.

Tutti questi miti della vita di Dioniso spiegano i caratteri della venerazione di questo dio e dei culti che a lui si richiamano. Innanzi tutto Dioniso è visto come dio liberatore dell'energia vitale, colui che torna dall'oltretomba alla vita. Inoltre la follia del dio era rivissuta attraverso l'ebbrezza come mistica esaltazione ed estasi: nelle cerimonie i seguaci (baccanti) addobbati con pelli di animali, incoronati con corone di pampini, danzavano e suonavano al ritmo del ditirambo e al grido di «eueu».
«L'estasi era considerata una sorta di preludio alla partecipazione del fedele allo spirito divino..., gli adoratori erano convinti infatti che "l'ossesso" fosse posseduto dal dio, come fa intendere il verbo enthusiasmein, che significa essere posseduti dal dio». Un altro elemento del culto dionisiaco è l'omofagia, cioè il cibarsi di carni crude di animali, dilaniati a mani nude, anche in questo caso per ricordare la vita del dio e simboleggiare l'unione con lui.
Il culto dionisaco era presieduto da alcuni sacerdoti, tra cui il falloforo (portatore di fallo) era il sommo, e anche le donne avevano una grande rilevanza; per essere ammessi a tale culto era previsto un periodo di iniziazione che consisteva (come troviamo raffigurato nella Villa dei misteri di Pompei) in un banchetto, un battesimo e un'introduzione nel tempio.
Le feste dei culti dionisiaci o misteri dionisiaci erano numerose, legate principalmente all'inizio e al termine della vegetazione, in ricordo cioè della ciclica nascita e morte di Dioniso, per cui si celebravano le Grandi dionisie in primavera e le Piccole dionisie in inverno. Da queste ha origine la tragedia greca, la cui etimologia deriva proprio da «capro» (tragos), che veniva sacrificato come si è detto, e odia («canto»), e infatti il grande teatro di Atene, centro dell' arte tragica, era chiamato teatro di Dioniso.
Non va dimenticato che a causa dei caratteri orgiastici i misteri dionisiaci erano vietati a Roma nel periodo repubblicano; solo in età imperiale il divieto fu abolito e i misteri si diffusero in tutto l'Impero.
 
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Morgwen )o(
Posted on 13/6/2011, 15:21     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




Simboli e Rituali.

Le varie mitologie dionisiache non restarono mere rappresentazioni poetiche o dottrinali. Essi tesero ad inverarsi attraverso particolari rituali comprendenti speciali "azioni" accompagnate da danze compiute in uno stato di "frenesia" e dall'intonazione di formule evocatorie, che intendevano mettere il miste in contatto con l' "essenza" del dio. Il rito si esprimeva poi mediante simboli che traducevano la realtà più profonda dei miti e che possono essere ricondotti alle rappresentazioni delle più antiche civiltà del mondo mediterraneo.

I simboli

- L'Antro: Nel tardo dionisismo era usuale la rappresentazione del giovane dio in una grotta, a volte mentre le menadi danzando davanti all'ingresso. Quest'immagine sembra raffigurare qualche antico luogo di culto che l'Inno Omerico a Dioniso II designa come "antro odoroso" e che Pausania ceercò di localizzare in Laconia. In quest'antro il giovane Dioniso è nutrito ed educato dalle Ninfe, mentre in connessione ad esso pare acquisire una forte incidenza rituale la danza notturna. Questo simbolo può essere ricondotto a due motivi fondamentali. Il primo riguarda la struttura dell'antro. Secondo tarde interpretazioni neoplatoniche, che tuttavia riprendono temi antichissimi, esso è "figura del mondo visibile" e "simbolo dell'intellegibile" per la sua bivalenza di luce/tenebre.
Il secondo motivo ha diretta relazione con l'iniziato che accede ai pentrali dell'antro, si tratta di una vera e propria entrata nell' "altro mondo", in una dimensione spirituale qualitativamente diversa da quella del noramle fedele, che le tenebre dell'antro simboliggiano come ritorno all'inespresso, nel potenziale, nel virtuale e nell' "intellegibile". Da questo punto di vista il giovane Dioniso, che è educato e "nutrito" dalle ninfe esprime la stessa condizione del miste, il quale da parte sua non fa altro che "riprendere" ritualmente la vicenda rappresentata nel mito e trasferirla in interiore.

- Il Fanciullo Divino: Nell' Inno a Dioniso I, Omero ci presenta il dio nella sua forma più classica, come un Fanciullo dalla bellezza sovrumana che incanta i suoi rapitori. E' questa un'antica immagine di Dioniso che ritorna spesso, e che ne rivela l'essenza più profonda, intende svelare oltre l'elemento meramente biografico, la condizione divina di esso, il suo risiedere nel mondo archetipale. Tuttavia questa raffigurazione ha anche un'altra valenza. Essa costituisce infatti l'oggetto di una mitologia che traduce un arcaico rituale di iniziazione connesso con i riti dell'adolescenza, che nel dionisismo trovarono il loro riadatttamento in uno scenario di morte e rinascita spirituale con una precisa base iniziatica. Nel colloquio di Diomede e Glauco, Omero aveva esposto uno strano mito di Dioniso, Attorniato da un corteo femminile, Dioniso Furente è impaurito dall'apparizione di Licurgo che lo insegue e lo costringe ad immergersi nel mare, dove è accolto e nascosto da Teti.

- Sileno e la maschera: La tradizione relativa alle imprese di Dioniso parla del mitico corteo dei Pani, Satiri e Sileni che attorniano il dio. Sono esseri "elementali" legati particolarmente agli impulsi primordiali della natura, personificanti gli aspetti fallici presenti del dionisismo, i quali costituiscono lo sfondo selvaggio ed impetuoso, la proiezioni mitica "impersonale" delle forze psichice evocate da quel rituale frenetico. L'arcehtipo di questi esseri elementari è anche il loro mitico capo, quel Sileno che emerge da questa schiera, personificandone le attribuzioni. la tradizione iconografica lo presenta come un vecchio barbuto con abbondanti escerescenze fisiche, con il petto femmineo, il pancione, il viso particolarmente brutto, in uno stato di permanente ubriachezza. E' quest'essere brutale e primordiale che educherà Dioniso, iniziandolo ai segreti dell'aldilà. Questa sua ttitudine ne mostra l'ambivalenza: da un lato le sue brutali fattezze che incutono terrore ne fanno un tipico " guardiano della soglia", il custode pauroso dell'arcana, dall'altro, la sua natura di buon Vecchio ne evidenzia le conoscenze sapienziali, il ruolo di trasmissione spirituale di quelle conoscenze che egli adempio. E' perciò non solo l'archegeta* degli iniziati, ma anche colui che esprime più propriamente la natura primitiva della frenesia dionisiaca, quell' "ubriachezza" nella queale è sovente ritratto nel corteo mitico di Dioniso, mentre cavalca un asino.
Il alti terrifici e oscuri di Sileno ci permettono di accostarlo ad un altro strano simbolo dionisiaco, a quella maschera che appare in molte rappresentazioni, a volte appesa ad un albero o ad un paolo adorno di edere. In molte civiltà primitive essa è presente come elemento importante nei rituali iniziatici, dove il protatore di essa sente quasi abolita la condizione umana e ritinie di arappresentare l' "aldilà" in questo nostro mondo, peciò depositario delle conoscenze sapienzali proprie a quella dimensione. Nel dionisismo la maschera ha un intento similare, trasferisce nel miste una presenza spirituale che appare al profano come terrifica, ma la cui "essenza" può essere intuitivamente oggetto di visione estatica attraverso quella contemplazione negli specchi cui alludono alcuni testi e diverse pittografie.
L'assunzione della maschera da parte del miste traduce, pertanto, l'abolizione della distanza fra il divino e l'umano e l'assimilazione di una forma di manifestazione di Dioniso spesso veicolata da Sileno le cui brutali fattezze le maschere sembrano riprodurre.

*archegeta: Nell'antica Grecia, appellativo di divinità o eroi patroni di colonizzatori

fonte: "Il Divino nell'Ellade" di Nuccio d'Anna
 
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Morgwen )o(
Posted on 14/6/2011, 15:01     https://i.imgur.com/f9CQYv1.png   https://i.imgur.com/soPZJY8.png




I Rituali

-Il Menadismo: L'attribuzione di Dioniso Mainomenos, "Furioso" lo fa considerare il dio in quanto detentore della mistica forza che viene scatenata durante i rituali.
A volte però il dio utilizza questo suo potere per attirare magicamente gli increduli o per punire chi ostacola il suo culto (Dioniso viene anche chiamato Gynaimanes "colui che rende pazze le donne"), come appare nelle baccanti di Euripide, dove in particolare bisogna rilevare anche il ruolo decisivo della zia Ino che la leggenda vuole nutrice ed educatrice del dio, ma che sotto il nome di Leukothea sarà la protettrice dei naviganti. Ancora il tardo Oppiano ci riporta il mi che vuole Dioniso nutrito dalle zie Ino, Autonoe ed Agave, che danno inizio al rituale orgiastrico quando, per coprire le grida del fanciullo divino, cominciano le danze estatiche nelle quali trascinano le donne beote. Il mito appare dunque come la trasposizione di un rituale che voleva donne invasate celebranti ogni tre anni la festa del dio, e che costituivano una sorta di corteo mistico che al suono di cembali, tamburi e flauti percorreva i vari villaggi e, ad imitazione di quanto la leggenda riferiva alle Menadi, riteneva abolita la condizione umana e credeva di assistere ad una qualche forma di parusia dionisiaca che portava con sè lo scaturire della terra di latte, vino e miele.
Questa speciale rivelazione divina, che veniva d'altronde percepita e vissuta dal miste come una forma di liberazione "gioisa" ed "entusiastica", era il risultato di alcuni rituali che intendevano abolire la normale condizione umana.
Alcuni studiosi hanno scoperto che l'orgia dionisiaca, riprendendo una condizione sacrale ben più antica e primitiva, da luogo a forme di scatenamento simili a quelle dell'etnologia, morfologicamente così descritte nelle Baccanti di Euripide: testa ondeggiante ossessivamente; capelli disordinati e "lanciati verso il cielo"; potere di manipolare il fuoco senza conseguenze; dominio completo sui serpenti. La sacra mania così evocata nell'orgia produceva una forma di scatenamento che portava i partecipanti al rito a slanciarsi su qualche vittima animale, che spesso ci viene descritta come un toro, e a delacerarlo furiosamente. Questa forma ripugnante di scarificio veniva compiuta al culmine di una serie di danze estatiche che caratterizzavano il "ritiro sul monte", ossia il distacco dalla normale vita e la piena presa di possesso, da parte del dio, del suo fedele.
Il dilaceramento sacrificale della vittima preludeva a quello che era il rito più caratteristico del dionisismo, il divoramento orgiastico e frenetico delle carni crude dell'animale. Euripide ne parla come di qualcosa di universalmente conosciuto - con un probabile sintomo della natura primitiva di questipo di sacrificio nell'utilizzazione della carne cruda, contrapposta all'uso cittadino di cuocerla - avente la caratteristica di portare il miste ad identificarsi con Dioniso attraverso l'ingerimento dell' "essenza" del dio così immolato. Tuttavia questo sacrificio - che costituisce una specie di anomalia nella religiosità greca per il suo carattere ripugnante, ma che si è continuato almeno fino all'epoca plutarchea - costituisce forse un'evoluzione o un adattamento di un rituale primitivo e incentrato nel sacrificio non di un animale, ma di un uomo. E' quanto ci porta a supporre il mito, con caratteri di "esemplarità", del dilaniamento dello stesso Dioniso da parte dei Titani; l'episodio della punizione del Licurgo omerico e, soprattutto, ancora il racconto euripideo delle Baccanti. Qui infatti, pur in una trasposizione poetico-drammatica, viene rappresentato uno scenario di crudo realismo nel quale le invasate del dio, abolendo qualsiasi distinzione familiare o sociale, mangiano ritualmente Penteo, nella convizione che Dioniso si manifestasse in quella forma, e della quale perciò bisognava in qualche modo prendere possesso attraverso questa particolare comunione mistica.

-La danza e il ditirambo: Alcuni sostengono che "in ogni mistero vi è la danza" il cui archetipo peraltro, a loro parere, si ritrova nella danza delle costellazioni, nel movimento dei pianeti e delle stelle. Se può sembrare eccessivo sostenere che l'antico tracciato labirintico riproduceva il movimento del cielo solare che veniva mimato da un danzatore mascherato da toro, tuttavia è senz'altro vero che la figurazione circolare dei danzatori non può trovare altra spiegazione che nel riferimento ad un'immagine cosmica, tanto più che sia in Grecia che altrove la danza rituale non intende dare spettacolo, ma produrre nel danzatore uno stato di estasi. Fu al ritorno dall'India che Dioniso istituì e regolarizzò i propri rituali, ma già il mito della nascita aveva visto le sue nutrici danzare ritmicamente davanti all'antro in cui si trovava il fanciullo divino, trascinando e contagiando tutte le donne vicine. Questo rituale privilegiava la notte, quando alla luce delle fiaccole si dava il via al suono di strumenti "dionisiaci" quali il flauto, il cembalo e il tamburo, il cui ritmo doveva favorire lo scatenamento nel danzatore di forze psichiche che producevano movimenti spasmodici ed ossessivi, come documentano le raffigurazioni pervenute. La controparte recitata di queste forme rituali era il ditirambo, "uno spettacolo eseguito da un coro che associava il canto alla danza e alla musica". Aveva la caratteristica di venire eseguito in cerchio, ruotando e danzando vorticosamente attorno all'altare del dio, il thymilè, mentre l'exarchon intonava il canto liturgico e scandiva il ritmo della danza. E' anche probabile che il ditirambo comprendesse pure la recita di elementi mitici che il coro riteneva di "attualizzare" durante la sacra rappresentazione. Si trattava pertanto di una particolare forma liturgica che comprendeva un elemento evocativo connesso alle grida rituali pronunciate dagli officianti, e una celebrazione notturna che privilegiava l'ossessivo ripretersi di danze tumultuose eseguite da un coro maschile in vista del sacrificio orgiastico del dio-toro.

fonte "Il Divino nell'Ellade" di Nuccio d'Anna
 
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